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Dossier | N. 51 articoliElezioni regionali siciliane 2017

In Sicilia il test del «quarto polo» a sinistra, i riflessi sul Governo e sul voto nazionale

Quanto vale il quarto polo? È questa la scommessa, il test che la sinistra vuole fare in Sicilia con la candidatura di Claudio Fava. Una candidatura alternativa a quella messa in campo dal Pd dopo che all’incontro di ieri tra Speranza e Pisapia non è stato trovato un accordo unitario, di tutto il centro-sinistra, sul nome di Fabrizio Micari. «Il dado è tratto», diceva uno dei principali esponenti di Art.1-Mdp che spiegava la scelta siciliana come il tentativo di rompere l’attuale schema tripolare in vista delle elezioni nazionali del prossimo anno. L’isola, insomma, diventa il laboratorio per verificare se davvero, oltre al Pd, al centro-destra, ai 5 Stelle, ci sia spazio per una sinistra divisa e distante dal partito renziano. Una scommessa che, però, ha una posta in gioco: una percentuale di consensi tra il 5 e il 10 per cento. È questa l’asticella che conta e che deve essere superata per dare senso al quarto polo perché l’attuale legge elettorale – che molti considerano ormai quella con cui si andrà a votare – fissa la soglia di sbarramento al 3% alla Camera e all’8% al Senato (se si compete da soli e non in una lista comune).

Inutile chiedersi, come faceva ieri Pisapia, che fine farà il suo progetto originario di riunire tutta la sinistra: la risposta ci sarà dopo il 5 novembre, quando si chiuderanno le urne siciliane e si vedrà se la scommessa è stato un azzardo o un’operazione riuscita. E dunque quel comunicato di ieri in cui sia Speranza che l’ex sindaco di Milano annunciavano la prosecuzione di un percorso unitario era più formale che sostanziale. L’ultima parola sarà dei siciliani ai quali, a questo punto, è affidata la configurazione politica con la quale si andrà allo scontro elettorale del 2018. Tre o quattro poli? Con Renzi o senza? Chi in queste ore ha elaborato la strategia dello strappo, mette in conto che una candidatura come quella di Fava, fortemente identitaria sui temi di sinistra e con un profilo di legalità, riuscirà a sottrarre voti non solo al Pd ma anche ai 5 Stelle. Si vedrà ma a oggi si vede soprattutto la competizione a sinistra, il fuoco amico.

C’è poi il fronte del Governo. Perché il test siciliano incrocerà perfettamente le votazioni sulla legge di bilancio al Senato, proprio dove i numeri della maggioranza ballano. E allora la posta siciliana varrà tanto quanto una crisi? Già sulla manovra correttiva Mdp non ha partecipato al voto e tanto più c’è da aspettarsi una battaglia politica sulle misure economiche. «Non siamo sfascisti», ripeteva ieri Federico Fornaro, senatore di art.1, che ragionava sul fatto che a quattro mesi dal voto e soprattutto su una legge decisiva come la Finanziaria non si faranno colpi di testa. Parole rassicuranti ma di certo qualche braccio di ferro ci sarà, per una ragione elementare: cercare la massima visibilità su un profilo politico che ancora sfugge al grande pubblico.

E dunque non è solo l’alleanza con Alfano la causa della frattura a sinistra, come dicevano ieri a Mdp, ma pure le politiche renziane. E del resto, al netto di Alfano, che senso avrebbe avuto per Bersani e Speranza stringere un patto con il Pd solo pochi mesi dopo la scissione? A questo punto non resta che contare i voti siciliani. E vedere quanto peseranno sul Governo, sulla nascita di un quarto polo e, non ultimo, su Renzi e il Pd in caso di una brutta sconfitta.

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