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Dossier Sicilia, il silenzio dei programmi sul rilancio dell’economia

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Dossier | N. 51 articoliElezioni regionali siciliane 2017

Sicilia, il silenzio dei programmi sul rilancio dell’economia

A meno di 60 giorni dall’appuntamento con il test delle elezioni regionali siciliane il dibattito è tutto concentrato su alleanze locali e potenziale impatto sulle coalizioni per le politiche. Nella campagna elettorale c’è un grande assente: il piano per rilanciare l’economia dell’isola. Nei comizi si parla di taglio dei vitalizi e di commissario straordinario per l’emergenza sbarchi, si fanno generiche promesse di impegno per la legalità, si propone una tassa per chi inquina e si lamenta l’esclusione della Sicilia dalla “nuova via della Seta”. Su tutto il resto, il silenzio è assordante. Dagli investimenti produttivi alle infrastrutture, dai beni culturali al turismo, imprese e cittadini attendono risposte e proposte. Eppure tra gli imprenditori non mancano le idee per rilanciare lo sviluppo.

La vede così anche Antonio Fiumefreddo, professionista, avvocato, vicino al mondo imprenditoriale siciliano, ora ad di Riscossione Sicilia. «Mi limito – dice - a constatare che molte candidature sono le stesse di cinque anni fa, quasi che ci sia un’incapacità di rinnovamento della classe dirigente. E vedo che tutti gli schieramenti, da destra a sinistra, sono più interessati a logiche di potere e occupazione dei palazzi piuttosto che ai programmi per dare futuro a questa regione». Fiumefreddo era stato anche indicato da molti come possibile candidato ma ieri ha chiarito all’Ansa di non voler correre.

Eppure le idee e le proposte dal mondo dell’economia e dalla società civile non mancherebbero. «Piuttosto che insistere sulla demagogia del reddito di cittadinanza, qui occorre un piano per defiscalizzare per i primi dieci anni tutti gli investimenti che portano nuovi posti di lavoro» dice Fiumefreddo. E le risorse? «Questo piano costerebbe 1 miliardo, un ventiduesimo della spesa regionale per la sanità». Il Pil siciliano, è questo il concetto, non può più restare al traino dell’assistenzialismo regionale. Un’altra priorità sentita è la necessità di aumentare il tasso infrastrutturale dell’isola. «Per rendere convenienti gli investimenti in Sicilia - argomenta Fiumefreddo - servirebbe un piano di rilancio delle infrastrutture anche con il ricorso al project financing”. Anche qui non servirebbe chiedere aiuto a Roma. «Negli ultimi 10 anni l’evasione fiscale in Sicilia è stata stimata a 24 miliardi, ciò vuol dire che l’isola potrebbe modernizzarsi con i suoi stessi denari».

L’altro grande tema rimasto per ora fuori dai tour e dai comizi elettorali è quello dei beni culturali. «Siamo la sesta regione al mondo per presenza di siti di interesse culturale» fa notare Fiumefreddo. Lasciando intendere che chiunque voglia cimentarsi con il governo dell’isola non può prescindere da un’attenta gestione di questo patrimonio. Per non parlare dei tre poli universitari (Palermo, Catania e Messina) finiti in fondo alle classifiche degli atenei italiani. Tra le imprese di nuova generazione resta poi il sogno del grande distretto tecnologico etneo. Anche questo per ora lasciato in sordina dal dibattito politico. Intanto - argomenta Fiumefreddo - «in Sicilia i giovani inattivi crescono e la crescita non si vede. Perché, quando l'Italia sconta gli effetti delle crisi economiche mondiali l'isola ne soffre più di molte altre regioni, quando come adesso c’è la ripresa, noi non riusciamo a intercettarla. In questo modo stiamo rischiando la desertificazione civile».

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