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Lavoro, “Valore D” lancia il “Manifesto per occupazione femminile”

A giugno, l'Istat ha certificato il record storico dell'occupazione femminile, al 49,1% nel II trimestre dell’anno (il massimo dall'inizio della rilevazione, nel '77), ma in Italia le donne che lavorano restano comunque al di sotto del 50 per cento. Dunque l'obiettivo di centrare l'obiettivo fissato dall'Ue del 70% entro il 2020 rimane «complicato e ambizioso». A dirlo è la sottosegretaria alla presidenza del Consiglio con delega alle Pari opportunità, Maria Elena Boschi, intervenuta a Roma alla presentazione del “Manifesto per l'occupazione femminile”, nove impegni operativi promossi dall'associazione “Valore D” per diffondere la diversità, il talento e la leadership femminile tra le imprese partner. L’elenco di azioni positive, dal raggiungimento della parità di genere nelle competenze Stem alle politiche di welfare aziendale a favore delle donne, è stato già firmato da oltre 100 delle 160 aziende medio grandi associate, ed è l’ultima tappa di un percorso iniziato un anno e mezzo fa per ridurre il gap uomo-donna sui luoghi di lavoro.

Conciliazione vita-lavoro, in arrivo fondi per 55 mln nel 2018
Alla luce dei numeri, incoraggianti ma non troppo, la sfida della valorizzazione femminile è dunque una priorità dell'agenda di Governo, ha confermato Boschi prima di dare spazio a presidenti e ad delle imprese aderenti al “manifesto”, annunciando la firma da parte del Mef del decreto che finanzia il fondo da 55 milioni di euro nel 2018 e altrettanti nel 2019 per la contrattazione aziendale di II livello previsto dalla legge di Bilancio 2017. Obiettivo: valorizzare le misure che favoriscono la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Nel bilancio delle cose fatte, Boschi ha citato poi il Fondo di garanzia istituito da Palazzo Chigi, che ha permesso finora il finanziamento di prestiti per 1,2 miliardi di euro a sostegno dell'imprenditoria femminile «facendo dell'Italia il secondo paese in Europa» per numero di aziende guidate da donne. Fondi e risorse, dunque, che rischiano però di avere effetti marginali sulla valorizzazione del lavoro femminile se non diventano fanno parte di una strategia coordinata.

Parità di genere per la selezione del personale
L'obiettivo, per Governo e “Valore D”, è lo stesso: abbattere le barriere che ostacolano le donne nel mondo del lavoro, creando valore per l’economia e il Paese. Ma rispetto alle misure messe in campo dal Palazzo Chigi il “manifesto” ha il pregio di essere promosso direttamente da imprese pronte a scommettere, come ha ricordato la presidente di “Valore D”, Sanda Mori, «sul ritorno positivo per le aziende della parità e del bilanciamento di genere» nelle politiche interne. Il primo impegno del “manifesto” riguarda ad esempio la scelta di avere selezioni del personale «rappresentative di entrambi i generi», primo passo per avere un domani una parità di genere anche nelle posizioni apicali. I criteri di parità su questo fronte vengono già applicati in molte realtà e aziende di rilievo, come Accenture Italia, Generali, Unilever e Boston Consulting Group, e trovano spazio anche in Ferrovie dello Stato, tra i firmatari del “manifesto”. «La diversità crea una spinta positiva e porta profitti», ha sottolineato la presidente Gioia Ghezzi, per questo «incrementare la presenza femminile» (nel gruppo le donne sono al 14,9%, quota che scende al 2,7% nella manutenzione e allo 0,8% fra il personale che guida i treni) «significa generare innovazione, crescita sostenibile e competitività».

In azienda più donne con competenze Stem
Strettamente connesso al primo anche il secondo impegno, che riguarda la ricerca della parità uomo donna nell'ambito delle competenze tecniche-scientifiche (le già ricordate materie Stem: scienza, tecnologia, ingegneria, matematica) per l'innovazione di prodotto e di processo. In questo caso, le disparità uomo donna sono legate alla minore presenza femminile, per pregiudizi e ragioni culturali, nelle facoltà tecnico-scientifiche. Tra gli manager aziendali che nel corso del forum ospitato alla Luiss hanno testimoniato la piena adesione al “manifesto” anche Melany Libraro, ad di “Subito”, e Donato Iacovono, managing partner EY Italia, che hanno sollecitato le università a fare dell'incremento delle donne laureate in ingegneria e nelle materie scientifiche la loro priorità, puntando anche ad un miglior orientamento nelle scuole secondarie. Walter Ruffinoni, amministratore delegato di Ntt Data Italia, ha invece ribadito «l'impegno a rendere strutturale la valorizzazione delle donne all'interno dell'azienda», come dimostrano le 100 nuove assunte e 15 donne promosse a posizioni manageriali dal 2016. Sì dunque alla «rivoluzione culturale» per le materie Stem, «perché pensiamo che le donne che si occupano di materie scientifiche possano essere il motore per lo sviluppo del nostro settore». Oltre ad essere una leva positiva per il Pil: come ha spiegato Sandro De Poli, presidente e amministratore delegato di Ge Italia, dopo aver presentato il programma aziendale “ Women in Tech”, che punta a portare a 20mila la quota di donne che ricoprono ruoli scientifici e tecnologici entro il 2020, superare il gender gap « potrebbe far realmente aumentare i Pil nazionali dal 5 al 12% nei paesi Ocse».

Gli altri impegni del “manifesto”
Concreti e già inseriti nelle policies delle aziende sottoscrittici - da colossi come Ikea Italia, Lottomatica, Unicredit, Bnl, Hera, Philip Morris Italia e Microscoft Italia a istituzioni di primo piano, dalla Banca d'Italia al Politecnico di Milano - anche gli altri impegni del “manifesto”. Parliamo del monitoraggio costante della presenza femminile in azienda e l'analisi dei suoi principali indicatori (pay gap, percentuali di ingresso, percentuali di crescita professionale), delle politiche innovative a supporto della maternità aggiuntive rispetto alle tutele previste dalla legge, e delle misure interne per favorire la genitorialità e la valorizzazione del ruolo dei papà. Il documento comprende anche la promozione di politiche di welfare aziendale a supporto dei dipendenti, in particolare le donne, e la sperimentazione del lavoro flessibile che «incontrino le necessità dei dipendenti impostando il lavoro sulla base di obiettivi e risultati». Un esempio di questo genere è il “Flexible Working” dei progetti a supporto della genitorialità per neomamme e neopapà promossi dal gruppo Bnl: per questi ultimi la banca prevede un congedo straordinario retribuito di 10 giorni.
Gli ultimi due punti del documento riguardano la promozione di «un piano di incremento della presenza femminile nelle posizioni di genere», lo “sfondamento” del “tetto di vetro” che in molte realtà ha permesso alle donne in carriera di avvicinarsi di molto alle posizioni di vertice senza potervi eccedere davvero, e il coinvolgimento attivo del management sui temi della diversità di genere e la crescita professionale femminile.

Bellanova: diversità di genere leva per la crescita
Obiettivi e prassi in molti casi già applicate o implementate in azienda, ha ricordato il rettore Luiss Paola Severino, una delle 6 rettrici universitarie donna presenti oggi in Italia, «che ci dicono quanta strada è stata fatta in poco tempo». E che daranno modo, al prossimo incontro sul tema, «di confrontarci su risultati concreti e obiettivi non teorici raggiunti» sulla strada della parità uomo-donna nel mondo del lavoro. D’accordo il viceministro allo Sviluppo economico, Teresa Bellanova, che nel suo intervento conclusivo ha spiegato che «sostenere la presenza competente delle donne - ad ogni livello - nel mercato del lavoro significa per noi sostenere automaticamente una rigenerazione, una trasformazione e una innovazione del lavoro nel nostro Paese».

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