Una crescita 2018 “spinta” intorno all’1,4-1,5% grazie alla manovra, in grado di dare un po’ di ritmo in più rispetto all’1,2% previsto per l’anno prossimo dal “tendenziale”, cioè dall’andamento a politiche invariate. La dinamica più vivace del previsto per l’economia di quest’anno, che dovrebbe registrare una crescita dell’1,5% contro l’1,1% previsto ad aprile, aiuta però l’inversione di rotta del debito, che nelle nuove previsioni potrebbe anche attestarsi al 132,3-132,4%, cioè uno-due decimali meno rispetto al dato messo in preventivo ad aprile e un ulteriore decimale sotto al 132,6% del consuntivo 2016. Numeri piccoli, certo, che però segnerebbero il primo arretramento dell’incidenza del debito sul Pil dal 2007 a questa parte. Un’ulteriore, piccolo passo è poi in calendario nel 2018, anche per rispettare le indicazioni vincolanti arrivate da Bruxelles.
Potrebbe tradursi in queste cifre la prudenza sparsa nei giorni scorsi a piene mani dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, impegnato in tutte le occasioni utili a ribadire che la ripresa non produce allargamenti sostanziali al quadro di finanza pubblica. Ancora ieri si è lavorato a pieno ritmo sui numeri della Nota di aggiornamento al Def, al centro di un nuovo incontro a Palazzo Chigi fra il premier Paolo Gentiloni e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan in vista del consiglio dei ministri che dovrebbe approvare il documento. Un appuntamento atteso per oggi, ma che secondo le indiscrezioni circolate ieri sera sembrerebbe ora destinato a slittare a sabato.
Il quadro è quello definito in questi mesi con la commissione Ue, anche se il giudizio europeo arriverà solo con la bozza di budget che andrà inviata entro il 15 ottobre. La riduzione del deficit messa in programma dal governo sarà di cinque miliardi, cioè tre decimali di Pil, invece dei 13,5 miliardi (0,8% della ricchezza nazionale) programmata ad aprile. Sempre che, ovviamente, al Senato, si trovino i 161 voti necessari ad approvare la relazione che accompagna la Nadef chiedendo il via libera allo scostamento rispetto ai programmi di primavera (alla Camera l’esito del voto è scontato). Il deficit 2018, quindi, dovrebbe attestarsi all’1,8% contro il 2,1% di quest’anno, rimandando ancora una volta l’appuntamento con la maxi-correzione che dovrebbe portarci al pareggio di bilancio entro il 2019.
L’insieme di queste cifre serve concretamente a tracciare i confini della manovra, e delle misure che potrà contenere davvero. In questo quadro si muove la prudenza di Padoan, anche per contenere le richieste pre-elettorali dei partiti. A motivarla economicamente, spiegano però i tecnici vicini al dossier, c’è anche l’euro che rimane forte e prospettive più fredde nel commercio internazionale, soprattutto nei paesi-chiave per le nostre esportazioni.
Più fiacca del previsto resta anche l’inflazione. Oggi saranno rese noti gli ultimi calcoli Istat, inviati ieri a governo e Ufficio parlamentare del bilancio, che dovrebbero registrare un aumento dei prezzi dell’1,1-1,2%, cioè uno o due decimali sopra le previsioni di aprile. Il dato è positivo sul versante delle spese, perché evita rincari ulteriori sugli acquisti e contiene l’effetto sul rinnovo dei contratti pubblici, ma non aiuta una discesa più veloce del debito. Che resta l’osservato speciale.
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