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Più crescita e meno debito nel 2016

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Più crescita e meno debito nel 2016

La mini-riduzione del peso del debito sul Pil, a cui il governo punta nella Nota di aggiornamento del Def attesa oggi in consiglio dei ministri, non sarebbe la prima degli ultimi anni.

A sorpresa, i conti nazionali aggiornati diffusi ieri dall’Istat mostrano che un piccolo alleggerimento del passivo c’è già stato nel 2015, quando la sua incidenza sul Pil è passata al 131,5% dal 131,8% del 2014, per poi risalire al 132% l’anno scorso. A spiegare la dinamica c’è una revisione al rialzo della ricchezza nazionale, di 6,7 miliardi nel 2015 e di 8 miliardi nel 2016, che cambia lo scenario di riferimento della nuova Nota. Di qui lo spostamento del consiglio dei ministri a oggi, intorno all’ora di pranzo, con le calcolatrici al lavoro per tener conto dei nuovi numeri senza cambiare gli obiettivi di fondo: un’altra limatura del debito/Pil, appunto, che potrebbe attestarsi al 131,8-9%.

Più che dai nuovi dati Istat, l’obiettivo dipende anche dal trattamento contabile dei quasi 12 miliardi di debito autorizzato ma non speso per le operazioni salva-banche: un’uscita di questa voce dal dato sul debito, tema su cui in questi giorni c’è stato un confronto tecnico con Bruxelles, aiuterebbe nell’impresa.

La Nota di aggiornamento (Nadef) dovrebbe poi confermare le altre cifre chiave, anticipate nei giorni scorsi dal Sole 24 Ore: una crescita dell’1,5% per quest’anno e simile per il prossimo (contro un tendenziale, cioè senza manovra, dell’1,2%) e una correzione strutturale del deficit da tre decimali di Pil. Con i nuovi dati sul prodotto, però, il peso complessivo della manovra potrebbe ridursi di un decimale di Pil. In ogni caso, resta invariata la linea sostenuta dal ministero dell’Economia in queste settimane: la crescita non allarga gli spazi di finanza pubblica e non lascia margini per le tante richieste che si stanno affollando in vista di manovra ed elezioni.

Sul piano politico, le incognite continuano a circondare il passaggio parlamentare della relazione, da approvare a maggioranza assoluta dei componenti, con cui il governo chiederà il via libera allo scostamento rispetto ai programmi di riduzione del deficit. Per evitare incidenti al Senato, dove i numeri sono risicati e le tensioni con Mdp continuano, si starebbe lavorando a una relazione ultra-sintetica, limitata alla cifra da autorizzare e destinata a essere votata separatamente rispetto alla Nadef. In questo modo, gli argomenti della polemica sulle misure sarebbero confinati alla Nota, che può passare a maggioranza semplice: l’arrivo in Aula è in calendario per il 4 ottobre, per cui voto sulla relazione e audizioni si concentrerebbero la settimana prossima.

Quello indicato dai numeri aggiornati dell’Istat è un quadro macroeconomico rafforzato. I nuovi conti confermano innanzitutto una certa solidità del ciclo, che è in corso ormai da 13 trimestri anche se il ritmo resta più fiacco rispetto alla media Ue: la correzione porta all’1% la crescita reale del 2015 (invece dello 0,8%), mentre sul 2016 è confermato il +0,9%. Ma nel biennio c’è stata anche una maggiore crescita nominale di cinque decimali (+1,9% nel 2015, con la correzione dello 0,4% e +1,7% nel 2016 con la correzione dello 0,1%), che ha prodotto il lieve miglioramento del saldo debitorio e non solo. In termini di finanza pubblica, le ricadute avrebbero potuto rivelarsi migliori se non fosse stato per il leggero peggioramento del deficit del 2016, registrato al 2,5% contro il 2,4% scritto nel Def. Il saldo primario, cioè i risparmi al netto della spesa per interessi, resta confermato all’1,5%, in discesa costante dal 2012 quando aveva toccato il 2,3%. Nel 2015-16 la pressione fiscale è calata dello 0,5% (42,7% nel 2016). La revisione al rialzo del Pil ha più di un precedente negli anni recenti, e si spiega con il fatto che i numeri aggiornati sono il frutto di un’analisi complessiva, e non a campione, dei dati delle imprese, ma questo non significa che un fenomeno analogo sia destinato a ripetersi nei prossimi anni (soprattutto in caso di stabilizzazione del ciclo). Secondo Gian Paolo Oneto, capo della Direzione centrale per la contabilità nazionale, «se per il 2015 possiamo parlare di un maggiore effetto dovuto dal denominatore, la maggiore crescita nominale, nell’anno successivo c’è sicuramente anche l’effetto delle misure adottate dal governo».

Il maggior Pil a prezzi correnti non a caso è stato enfatizzato nel comunicato Istat. Questa crescita «continua e diffusa», rilevano i tecnici, è stata messa a segno al netto dell’effetto negativo della domanda estera netta, visto che le importazioni maggiori rispetto all’export hanno pesato per 0,5 punti. A trainare la crescita sono stati i consumi interni delle famiglie (+2,1% nel biennio) e gli investimenti (+0,8% al netto delle scorte). «In particolare abbiamo registrato una variazione più forte della componente di investimenti in beni intangibili, come la ricerca e sviluppo e il software».

Il valore aggiunto, a prezzi costanti, è aumentato dell’1,7% nell’industria in senso stretto e dello 0,6% nel settore dei servizi. Mentre si sono registrati cali nelle costruzioni (-0,3%) e nell’agricoltura, silvicoltura e pesca (-0,2%). E anche dai conti economici delle imprese i dati Istat confermano la svolta: per l’insieme delle società non finanziarie la quota di profitto è arrivata al 42,2% (livelli vicini al 2011) e il tasso di investimento al 20,2%. L’effetto di trascinamento sul 2017 si capirà solo a ottobre, quando saranno diffusi i dati articolati per trimestri.

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