La riduzione del numero di competitor, e questi sono nostri fornitori, è sempre negativa, non è una notizia così buona. Sarei più contento se rimanessero separati». Non ha sorpreso il commento tutto negativo espresso da Renato Mazzoncini sull’accordo Alstom-Siemens. Il numero uno di Fs ha voluto sottolineare solo i rischi per la concorrenza e non ha voluto aggiungere altro.
Anche in casa Ntv - cui per altro Alstom fornisce 25 treni ad alta velocità Italo (con manutenzione trentennale) e la nuova flotta in arrivo di 12 Pendolini Evo - si fa una considerazione negativa in chiave di concorrenza ma con realismo si ricorda come in Italia il core business di Siemens non sia tanto il settore della mobilità (nel ferroviario non ha praticamente commesse), come invece è per Alstom, quanto piuttosto l’automazione industriale, l’healthcare e le trasmissioni di energia.
La posizione degna di un presidente di Antitrust espressa da Mazzoncini è più che giustificata anche in termini di business, si intende: la concorrenza per il principale committente italiano e uno dei principali in Europa, significa gare più combattive, prezzi più bassi all’acquisto, gamma di prodotti offerti dall’industria più larga e di maggiore qualità. Il timore di Fs, quindi, è reale e concreto.
Ma a consentire una posizione così disinteressata alle logiche industriali dell’offerta - in fondo stiamo parlando della nascita del colosso europeo e dell’unico produttore continentale che resterà sul mercato mondiale - è il fatto che l’Italia - e con lei le Fs che restano pur sempre la più grande società interamente pubblica italiana - sono ormai estranei alla partita dei grandi produttori di treni da anni, da quando Finmeccanica ha venduto Ansaldobreda ai giapponesi di Hitachi. E già allora, l’Italia era fuori dalla grande partita mondiale dell’Alta velocità (Ansaldobreda non era da anni un produttore leader) e le Fs potevano condizionare solo il mercato italiano. Per altro è evidente che i due fornitori del Frecciarossa 1000 - Hitachi-Ansaldobreda e i canadesi di Bombardier - sono entrambi dall’altra parte della barricata rispetto al gigante franco-tedesco in via di formazione.
Mazzoncini può guardare questo quadro industriale e geopolitico in divenire con le mani libere e l’occhio esclusivo e non proprio compiacente del committente-cliente. Anche perché in passato ci furono alcune guerre commerciali fra gruppo Fs e Alstom ma oggi il produttore francese, pur avendo perso la gara per il treno di punta nell’Av, è tornato a produrre parecchi convogli per Trenitalia: i nuovi Pendolini Etr 485 ed Etr 600 (in gran parte prodotti in Italia negli stabilimenti di Savigliano che un tempo erano di Fiat feroviaria) e i treni locali Jazz e Minuetto, mentre un terzo prodotto per i pendolari Fs sarà presentato alla prossima Expoferroviaria a inizio ottobre.
A dispetto della legge numero uno della competizione mondiale dell’industria ferroviaria - si è forti nel mondo solo se si ha un programma stabile e robusto di investimenti in casa propria - l’Italia è solo un mercato nazionale tra i più importanti di Europa (si avvicina al miliardo di euro annuo in questa fase di forte espansione) ma non partecipa a gare per piazzare i propri prodotti. In questa condizione di “mani libere” non interessa neanche fare battaglie industriali sotto la bandiera europea (come invece sta accadendo con i cantieri navali civili e militari). E se Fs hanno scelto la scala mondiale per le gare sulle proprie forniture, altrettanto hanno fatto per il proprio export di servizi che si sta sviluppando a ritmi accelerati fuori del mercato europeo. Salvo richiamare, ovviamente, il rispetto delle nuove regole di concorrenza intra-continentale (2019-2020), anche in casa francese e tedesca, sia per l’alta velocità che per il trasporto regionale.
Quanto alla competizione mondiale delle infrastrutture e dei servizi ferroviari, per ora Fs non ha risentito nelle sue battaglie vinte in Iran o in India o in Turchia dell’assenza di un treno italiano da esportare nel pacchetto complessivo. Quando in futuro tornerà a gareggiare contro francesi e tedeschi, in Europa e nel mondo, questo fattore peserà. Ma non è detto che pesi necessariamente in negativo. Molti Paesi preferiscono pacchetti “leggeri” e non affidamenti a 360 gradi.
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