«Non vedo e non mi risultano aree di ambiguità o “non detti” nell’accordo su Fincantieri-Stx, in particolare su una preminenza francese sul polo militare da costruire: c’è un comitato paritetico che ora si metterà al lavoro. Piuttosto quell’intesa è il segno tangibile e concreto della volontà dei due Paesi di procedere rapidamente e di incidere con progetti concreti nelle sfide europee in corso. E mi pare importante, quando ribadiamo l’obiettivo prioritario della costruzione di una Europa della difesa, che si parta dall’industria». Sandro Gozi, sottosegretario alle Politiche europee, spiega che il vertice Italia-Francia di Lione ha segnato certo una convergenza forte sul progetto di una «rifondazione dell’Europa», ma che il lavoro comune fra Roma e Parigi si arricchisce anche di tanti capitoli specifici, bilaterali ed europei.
Sottosegretario Gozi, quali sono gli accordi del vertice?
Sul piano bilaterale la Torino-Lione e in materia europea la posizione comune per la riforma delle direttive sui diritti dei lavoratori distaccati, su cui Italia e Francia hanno un forte interesse a evitare il dumping sociale. Ci sono inoltre una serie di temi su cui Italia e Francia stanno dalla stessa parte e si impegnano a svolgere un’azione comune: l’accordo sul clima, il pressing all’Onu per accrescerne il ruolo sulla Libia, i dazi antidumping contro le imprese extra Ue e lo screening per gli investimenti esteri diretti, il procuratore europeo contro il terrorismo, la polizia europea di protezione delle frontiere esterne, l’investimento culturale incentivato sul modello del bonus renziano, l’idea che le riforme degli accordi di Schengen e di Dublino possano viaggiare insieme. Certamente la visione dell’Europa del discorso della Sorbona è la nostra visione dell’Europa, su cui battiamo da tempo, ma ci fa anche piacere vedere che molte proposte concrete che il presidente Macron sta sposando sono partite dall’Italia. Ci aggiungo la proposta politica di una modifica della legge elettorale del Parlamento europeo per ammettere al voto liste transnazionali, che sarebbero un forte elemento di democrazia e un embrione di veri partiti e movimenti politici europei.
Avete parlato anche della decisione sull’Ema?
Ovviamente se ne è parlato e il presidente Gentiloni ha ribadito che la candidatura di Milano è una priorità per l’Italia. Torneremo a parlarne, ci sono contatti e valutazioni per capire se c’è spazio per sinergie e scambi. Ma intanto abbiamo constatato che la Francia condivide la nostra classificazione delle candidature in due categorie: quelle che garantiscono efficienza e il raggiungimento di un obiettivo fondamentale come la continuità operativa dell’agenzia, e certamente i francesi condividono che Milano è fra queste; e quelle di mera rivendicazione territoriale, che non garantiscono quella continuità.
Qualche passo seguirà all’intesa franco-tedesca già al vertice di Tallin?
Abbiamo una finestra di opportunità per avviare un nuovo ciclo politico europeo. È non solo opportuno, ma necessario. La condivisione con gli altri partner europei partirà da qui. C’è chi si vuole attenere all’approccio minimalista sul modello dell’agenda di Bratislava e chi, come noi, vuole un deciso cambio di passo, per realizzare gli obiettivi della dichiarazione di Roma: Europa della difesa e della sicurezza, degli investimenti, delle opportunità per i giovani e della vera democrazia transnazionale.Obiettivi rilanciati con forza da Macron alla Sorbona e dal vertice di Lione. A Tallin si comincerà a capire chi è d’accordo a fare passi avanti su temi come la sicurezza, la lotta al terrorismo, la difesa comune, una politica per l’immigrazione, una politica per l’Africa. Ma per avere una posizione complessiva, soprattutto sulla riforma dell’eurozona, è chiaro che bisogna capire la posizione del futuro governo tedesco. Francia, Italia e Germania devono lavorare insieme, con la Spagna e con gli altri Paesi che condividono i nuovi obiettivi.
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