La Cassazione lo aveva scritto, più di tre anni fa: quando il pagamento di una multa è insufficiente, l’importo non va raddoppiato se l’insufficienza è dovuta al mancato versamento delle spese di accertamento e notifica (che si possono recuperare solo con procedure privatistiche). Ma ci sono Comuni che non ne hanno tenuto conto e finora non erano andati incontro a contenziosi di rilievo. Ora viene però resa nota una sentenza del Giudice di pace di Milano, che potrebbe far aumentare il numero dei ricorsi. E che riporta l’attenzione su un Comune che da anni interpreta il Codice della strada in modo discutibile: si parte perlomeno dall’entrata in vigore dell’attuale Codice (1993), con la tardiva segnalazione della pulizia notturna delle strade regolarizzata nel 1996 dopo un’inchiesta giornalistica, e si arriva fino a oggi, con i pareri del Viminale e le sentenze sul conteggio dei tempi di notifica e le polemiche sull’impiego degli ausiliari. Passando dalla segnaletica irregolare sui controlli di velocità, da quella confusa sull’Area C (unita a problemi nel posizionamento delle telecamere di controllo) e dai verbali per le infrazioni davanti all’aeroporto di Linate (secondo i quali esso si troverebbe nel territorio comunale anziché in quello di Segrate).
La sentenza sulle spese è la n. 3753/2017, depositata il 29 aprile 2017 (giudice Leuzzi). Potrebbe incentivare molti ricorsi sia perché è stata ottenuta da un organo di informazione (Automoto.it) che ne ha innescata un’ampia divulgazione sia perché riguarda un caso frequente. Infatti, molti sbagliano a pagare perché si vedono recapitare più di un bollettino: gli organi di polizia spesso ne allegano al verbale tanti quanti sono i possibili importi da pagare, che variano secondo il momento in cui li si versa e l’iter di notifica seguito nel caso specifico. Così spesso quello che fa la differenza tra gli importi prestampati nei vari bollettini è proprio l’entità delle spese di notifica e accertamento.
Per anni la giurisprudenza è stata divisa. Per un primo orientamento (Cassazione, sentenza 14181/2012), tali spese fanno parte della sanzione principale, quindi il loro mancato pagamento non estingue l’obbligazione e fa scattare il raddoppio della sanzione previsto per chi non paga affatto. Una conclusione basata sull’interpretazione letterale degli articoli 201 e 202 del Codice della strada, per i quali le spese di accertamento e notifica sono a carico di chi è tenuto a pagare la sanzione.
L’orientamento opposto parte dall’articolo 389 del Regolamento di esecuzione del Codice, che disciplina gli effetti dei pagamenti e nega valore estintivo dell’obbligazione a quelli «effettuati in misura inferiore a quanto previsto dal Codice». Tale misura è quella della sola sanzione, perché l’articolo 203, comma 3, del Codice stabilisce che il verbale diventa titolo esecutivo (per una somma doppia rispetto al minimo con cui si può chiudere se si paga in modo corretto entro 60 giorni) solo se non si paga l’importo della sanzione, senza menzionare le spese.
Quest’ultimo orientamento è seguito dalla Cassazione nella sentenza 9507/2014 (si veda Il Sole 24 Ore del 1° maggio 2014).
Il Giudice di pace di Milano ha sostanzialmente aderito a quest’ultimo indirizzo, anche se ha citato l’articolo 202, che regola il pagamento in misura ridotta (quello del minimo edittale cui si ha diritto entro i 60 giorni) stabilendo le condizioni alle quali il trasgressore è ammesso a versare tale cifra. Secondo il Gdp, ciò equivale ad attribuire a tale pagamento valore estintivo dell’obbligazione. Così il giudice dà ragione al trasgressore, impedendo il raddoppio della sanzione.
Dopo la sentenza della Cassazione del 2014, non si ha notizia di pronunce rilevanti in senso contrario. Ciò dovrebbe consigliare ai Comuni una condotta più accorta.
Da settembre 2013 l’importo in misura ridotta può essere scontato del 30%. Ciò crea ulteriore confusione: non di rado tra i bollettini allegati al verbale si aggiunge quello con lo sconto. E non sono pochi i cittadini che lo usano senza averne diritto, per errori di calcolo dei cinque giorni (specie se pagano telematicamente) o perché l’infrazione commessa prevede sospensione patente o confisca veicolo, che precludono lo sconto. Se si integra il pagamento entro 60 giorni dalla notifica, tutto si sana. Se però ci si accorge dell’errore oltre i 60 giorni, potrebbe essere emessa una cartella di pagamento di importo doppio di quello della misura ridotta, anche se decurtato di quanto già versato. Ecco un altro caso di come per pochi euro la somma dovuta aumenti molto. Un errore cui nessuna sentenza può porre rimedio.
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