Mentre i dati ufficiali confermano per la prima volta l’effetto antievasione della cedolare secca sugli affitti, le ultime novità normative creano nuove incertezze applicative per i contribuenti.
Le stime ufficiali
Nel settore delle locazioni, la tax compliance – cioè il pagamento spontaneo delle imposte – è aumentata di circa un miliardo tra il 2011 e il 2015. Nello stesso periodo, infatti, il divario tra gettito teorico ed effettivo (il tax gap) è passato da 2,3 a 1,3 miliardi. La stima è contenuta nel Rapporto sul contrasto all’evasione allegato alla nota di aggiornamento del Def, che quest’anno dedica un approfondimento alla cedolare.
In linea con le stime del Sole 24 Ore (si veda il quotidano del 20 marzo scorso), il Rapporto individua al 52% il punto di break even per le casse pubbliche. In pratica, fatti 100 i canoni sottoposti alla tassa piatta, affinché l’Erario non ci rimetta è necessario che circa metà di essi siano frutto di emersione. Nel documento – elaborato dalla commissione guidata da Enrico Giovannini – viene anche calcolato il tasso d’emersione, pari al 45,6 per cento. Come dire: il contrasto all’evasione sta funzionando e il pareggio non è lontano. Anche perché nel 2016 il gettito della cedolare è cresciuto ancora, arrivando a 2,36 miliardi (+17,3% su base annua).
«La cedolare ha pienamente centrato uno degli obiettivi che si prefiggeva, quello di ridurre l’evasione fiscale - ha dichiarato il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, nel commentare i dati del Mef -. Ora però è importante che il Parlamento stabilizzi o quanto meno proroghi di altri quattro anni l’aliquota ridotta al 10% per i canoni concordati ed estenda la flat tax alle locazioni commerciali, anche attingendo alle maggiori risorse ricavate con la cedolare».
I dubbi applicativi
Quella legata all’aliquota al 10% sui contratti agevolati – destinata a scendere al 15% dal 2018, a meno di proroghe – è forse la maggiore incognita con cui sono chiamati a confrontarsi i proprietari. Ma altre incertezze riguardano gli aspetti più squisitamente operativi. Ancora il 1° settembre, le Entrate hanno affermato – sia pure tra le righe – che il locatore deve mandare una nuova raccomandata all’inquilino al momento della proroga contrattuale: un passaggio inutile, visto che l’inquilino è già stato informato all’inizio del contratto, che rischia di vanificare le aperture dettate l’anno scorso con il decreto fiscale (Dl 193/2016). Altre incertezze discendono poi dalla manovrina di quest’anno, in particolare per sublocazioni e comodatari, mentre restano le chiusure sulle locazioni abitative a imprese e società e i termini “variabili” per rimediare alle mancate opzioni (si vedano le schede).
Un punto criticato dai proprietari fin dal 2011 è poi il divieto – dettato dalle Entrate – di applicare la cedolare agli alloggi di proprietà condominiale. Secondo Confedilizia, basterebbe consentire ai singoli condòmini di optare per la tassa piatta direttamente in dichiarazione dei redditi, sulla quota di canone loro imputabile, come comunicata dall’amministratore. Così facendo, resterebbe da risolvere solo il nodo dell’imposta di registro, che non è dovuta quando si sceglie la cedolare e che oggi – nel caso di opzione eseguita solo da alcuni dei comproprietari – sconta una particolare asimmetria: in questo caso, infatti, i contitolari che non scelgono la tassa piatta perdono la possibilità di aggiornare la propria quota di canone, ma devono versare l’imposta di registro.
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