I sottoscrittori del patto a 4 sulla legge elettorale continuano a ripetere che l’intesa «tiene» e che domani arriverà il via libera della commissione. In realtà si avverte qualche scricchiolio da non sottovalutare. I centristi di Ap chiedono di rivedere la soglia di sbarramento al Senato fissata dal Rosatellum al 3% su base nazionale come alla Camera. Per gli alfaniani il superamento dell’asticella deve essere invece calcolato su base regionale. Un modo per garantirsi l’approdo a Palazzo Madama senza troppi patemi ma che rischia di portare a una proliferazione di listini dei cacicchi locali che certamente non contribuiranno alla governabilità in un Parlamento già molto frammentato.
Forza Italia con Renato Brunetta già nei giorni scorsi aveva fatto sapere di essere fortemente contraria. Anche il Pd è conrario perchè potrebbe ritrovarsi a fare i conti con liste e listini (soprattutto al Sud). Per evitare un muro contro muro e mettere a rischio l’intesa, Ap ha proposto che il superamento del 3%, che consente di accedere al riparto proporzionale dei seggi, avvenga in almeno 3 regioni. Un’ipotesi su cui il Pd tenterà di convincere Fi. Il relatore del Rosatellum, il dem Emanuele Fiano, ci sta lavorando e oggi probabilmente proporrà la riformulazione dell’emendamento dei centristi. Brunetta ha ripetuto che per il partito di Berlusconi va «confermato il testo base», ma ha anche assicurato che «l’accordo non salterà».Se, come sembra abbastanza probabile, anche questo scoglio verrà superato, domani arriverà il voto della Commissione e poi la prossima settimana l’approdo in aula.
Nel frattempo però ieri si è andati avanti. Come anticipato dal Sole 24 Ore si è raggiunta l’intesa sui collegi plurinominali in cui i partiti presentano i listini proporzionali. In questo caso a dover essere accontentati erano i forzisti che chiedevano collegi più ampi, per mantenere forte la proporzionalità del sistema. Così è stato. Alla fine i collegi saranno circa 65 rispetto agli iniziali 75 e consentiranno di mettere in palio da 3 a 8 seggi ciascuno.
Sono stati poi bocciati gli emendamenti sulle preferenze e anche quelli in cui si chiedeva il voto disgiunto e il premio di maggioranza alla coalizione che era stato proposto da Ignazio La Russa per FdI. Una bocciatura che ha fatto andare su tutte le furie l’ex ministro della Difesa. La Russa ha puntato l’indice sui forzisti («atteggiamento vergognoso»), accusandoli di non volere il premio alla coalizione perché puntano al “governissimo” con il Pd di Renzi. Parole a cui il forzista Roberto Occhiuto ha replicato sostenendo che «vergognosi» erano gli emendamenti di La Russa sulle pluricandidature «per garantirsi la sua elezione». A quel punto è scoppiata la bagarre, con l’esponente di Fdi che in commissione ha detto a Occhiuto che avrebbe meritato di «essere preso a schiaffi». Schiaffi «in senso metaforico», ha precisato poi e anche Brunetta ha contribuito a smorzare i toni. Comunque Pd-Fi-Lega-Ap hanno trovato un accordo anche sul tema delle quote di genere e sulle firme a sostegno delle liste, temi che saranno affrontati domani.
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