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Dossier | N. 51 articoliElezioni regionali siciliane 2017

Roma e Palermo, due sistemi elettorali, una certezza: l’ingovernabilità

In Sicilia si voterà il prossimo 5 Novembre. In Italia si voterà in primavera. In entrambi i casi l’esito sarà simile: l’ingovernabilità. E questo sia che venga approvato il Rosatellum bis sia che si voti con i consultelli. Certo, la situazione in Sicilia è diversa. A Palermo, comunque vada, ci sarà un presidente della regione eletto dai siciliani. A Roma invece ci sarà un premier scelto dai partiti. Ma entrambi avranno vita difficile.

Molti pensano che l’esito del voto nell’isola avrà un effetto sulle elezioni politiche nazionali. È possibile anche se la cosa non va sovrastimata. Per quanto poco affidabili, i sondaggi che circolano ci dicono che la partita per la conquista della presidenza della regione è limitata a M5s e centro-destra. È molto probabile che per il centro-sinistra le elezioni siciliane rappresenteranno una pesante sconfitta. In primo luogo perché la sinistra è da sempre minoritaria e poi perché si presenta divisa davanti a una destra unita. Non è un caso che Renzi, temendo il peggio, se ne stia lontano dall’isola. Buon per lui che la tregua scoppiata all’interno del suo partito a Roma limiterà gli effetti della sconfitta a Palermo.

Questi effetti saranno invece significativi se il 5 Novembre il candidato del M5s diventasse il primo presidente di regione pentastellato. Già oggi le intenzioni di voto lo indicano come il primo partito nelle regioni meridionali. Il successo in Sicilia potrebbe rafforzare questa tendenza sia al Sud che a livello nazionale. Ma tutto ciò non aiuterebbe Cancelleri nel governo dell’isola. Il sistema elettorale siciliano prevede l’elezione diretta del presidente, ma non assicura che l’eletto abbia una maggioranza a suo sostegno. È un sistema a turno unico in cui la presidenza della regione va a chi ottiene un voto più degli altri. Ma il vincente potrebbe non avere il 50% dei seggi in assemblea. Dopo la riforma del 2013 i seggi da assegnare sono complessivamente 70. Di questi sette rappresentano il premio che va a chi vince. Quindi per avere la maggioranza assoluta il M5s dovrebbe conquistare 29 seggi nelle nove circoscrizioni in cui è divisa l’isola. È molto difficile che succeda. Per Cancelleri è relativamente più facile vincere che ottenere questo risultato. In altre parole, il 30% dei voti potrebbe anche bastare per conquistare la presidenza ma non basta per conquistare la maggioranza. Per questo ci vogliono più voti e il M5s difficilmente li avrà. O ci vorrebbe un secondo turno.

Quindi, se Cancellieri vincerà come governerà? Alle ultime elezioni è già successo che Crocetta diventasse Presidente con appena 39 seggi su 90, riuscendo poi a governare per l’intera legislatura. Ma con il M5s è diverso. Dove li troverà i voti per governare vista la indisponibilità a fare alleanze? La risposta è la stessa data da Di Maio nel caso in cui alle prossime politiche il M5s fosse il primo partito. Si presenta un programma e si vede chi ci sta. Funzionerà a Palermo? E se funzionasse a Palermo potrebbe funzionare a Roma, anche senza elezione diretta del presidente?

Ma prima di trovare risposta a queste domande Cancelleri deve ottenere un voto più degli altri. E non è detto. Anzi. Al momento tutto lascia prevedere che il vincente più probabile sia il candidato del centro-destra, Nello Musumeci. Certo, le sorprese sono sempre possibili, in Sicilia come a Londra (Brexit) e a Washington (Trump). Ma a favore di Musumeci gioca un fattore che nell’isola ha sempre pesato molto: i candidati.

Sono 5 le liste associate alla candidatura di Musumeci. Ogni lista presenta 70 candidati. In tutto fanno 350 candidati sparsi nelle nove circoscrizioni dell’isola. Tutti a caccia di preferenze. Il M5s ne ha solo 70, e in generale poco noti. È una partita impari. La possibilità di voto disgiunto (che nel Rosatellum non c’è) potrebbe sulla carta favorire il candidato del M5s. Gli elettori potrebbero votare un candidato di una lista di Musumeci e allo stesso tempo votare Cancelleri. Ma è improbabile. In Sicilia il sistema delle preferenze sembra impermeabile al voto strategico. Oppure potrebbe accadere il miracolo di una alta affluenza. Ma si tratterebbe appunto di un evento straordinario. Nel corso della Seconda Repubblica la partecipazione è andata in calando, dal 66,1% del 1996 al 47,4% del 2012, con l’unica eccezione del 2008 (66,7%) in cui però si votò lo stesso giorno delle elezioni politiche nazionali.

I favori del pronostico vanno dunque a Musumeci. Ma anche per lui non sarà facile arrivare alla maggioranza assoluta. Anche per lui ai 7 seggi del premio se ne dovranno aggiungere altri 29 per arrivare ai 36 seggi necessari per fare maggioranza. Si tratta di conquistarne 29 sui 62 a disposizione al netto del premio. Quasi la metà. Quanti voti dovrà prendere la coalizione di centro-destra per ottenere questo risultato? Tanti da rendere questo esito poco probabile in una situazione tripolare. E così la Sicilia si potrebbe ancora una volta ritrovare con un presidente in cerca di voti. Viene quasi da pensare che il sistema elettorale siciliano sia stato disegnato apposta per non dare troppo potere a chi vince. A livello nazionale le cose non sono molto diverse.

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