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Ilva, scontro tra Governo e Am

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Ilva, scontro tra Governo e Am

  • –Matteo Meneghello

Una proposta «irricevibile», perchè «non rispetta gli impegni assunti su salario e inquadramento dei lavoratori». Il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, ieri ha fermato sul nascere l’avvio delle trattative con la compagine composta da ArcelorMittal (all’85%) e Marcegaglia (15%), che si è aggiudicata gli asset dell’Ilva in amministrazione straordinaria. «Abbiamo chiesto alla società, in avvio di tavolo, di confermare gli impegni presi sulla contrattazione occupazionale e sul costo medio di 50mila euro, e questo non è avvenuto - ha detto il ministro -. Senza queste conferme il tavolo non si può aprire: abbiamo richiamato gli azionisti agli impegni presi con il Governo». Al momento, come conferma il sindacato, non c’è una nuova data di convocazione per l’avvio del tavolo (che era già slittato rispetto alla data iniziale del 15 settembre).

Lo scontro tra Am e il Governo non è sul numero degli esuberi «che si conoscevano da prima e fanno parte della trattativa» ha precisato Calenda. Quello che manca è «l’impegno su salari e scatti di anzianità». Per il Mise «bisogna ripartire dall’accordo di luglio, dove si garantivano i livelli retributivi».

In una nota i vertici di ArcelorMittal hanno spiegato di essere «contrariati dal fatto che non si sia potuta iniziare la negoziazione. Venerdì abbiamo firmato congiuntamente con i commissari di Ilva la notifica formale ai sindacati, nella quale è stato ribadito il nostro impegno ad assumere 10mila persone nella nuova Ilva». Mittal ha ricordato che negli ultimi mesi «non è stata fatta alcuna ulteriore promessa a parte il numero di occupati. Il resto sarà oggetto della negoziazione, e il nostro obiettivo era fare un primo passo verso un accordo accettabile per tutti». Per l’azienda è «vitale che l’implementazione del piano non venga ritardata».

Il braccio di ferro tra Mise e Am è sui contenuti del piano e sugli ulteriori impegni assunti dall’azienda, comunicati successivamente. Il 5 giugno, giorno della firma dell’aggiudicazione, il Mise aveva pubblicamente precisato in una nota che nel piano di Am il costo del lavoro per “fte” (full time equivalent, vale a dire per unità di lavoro equivalente a tempo pieno) era indicato in 50mila euro nel 2018, in linea con i livelli attuali di Ilva spa e in 52mila euro a partire dal 2021. Am nega un impegno su questo aspetto. «Almeno 10mila unità», inoltre, l’entità del livello occupazionale assicurato dopo la mediazione del Mise (il piano industriale prevedeva inizialmente 9.470 occupati nel 2018, destinati a ridursi a 8.480 occupati costanti). A completamento del ragionamento va rilevato che negli incontri sindacali precedenti l’aggiudicazione, il Mise aveva reso pubbliche alcune tabelle, citando come fonte i piani concorrenti: tra queste il confronto fra i costi medi “fte” Am-AcciaItalia (52mila euro per la prima,) e le previsioni occupazionali di Am (con la disponibilità dell’azienda a «considerare ulteriori assunzioni a tempo determinato durante i primi 3 anni di piano», nel quadro «di una negoziazione con i sindacati su regolamentazione e riduzione dell’orario di lavoro»).

Il documento di avvio della procedura, datato 6 ottobre, mette nero su bianco che «Am intende assumere 10mila lavoratori, restando inteso che non vi sarà continuità rispetto al lavoro intrattenuto» dai dipendenti precedentemente «neanche in relazione al trattamento economico e all’anzianità». Nello stesso documento si precisa che «Am è disponibile a prendere in considerazione alcuni ulteriori elementi di natura retributiva riferibili ad elementi costituenti l’attuale retribuzione», a condizione che sia preservata la sostenibilità del piano industriale. Niente di più.

«Abbiamo chiesto all’azienda di rivedere i termini della proposta - ha precisato in serata il viceministro, Teresa Bellanova -, perchè riteniamo possibile l’individuazione di margini che rendano credibile e fattibile la trattativa con le parti sociali. È interesse di tutti giungere a una soluzione positiva della trattativa che garantisca la sostanziale continuità e il riconoscimento della struttura retributiva».

Marco Bentivogli, segretario della Fim, ha sottolineato come «con queste premesse più che un intesa si ravvisa solo la volontà di scontro da parte dell’azienda». Per Rocco Palombella, segretario della Uilm, «resta il tema degli esuberi: non ne abbiamo concordato alcuno e sono irricevibili». Ieri i lavoratori di Genova, Taranto, Novi ligure e di tutti i siti del gruppo hanno incrociato le braccia per protestare contro le condizioni della trattativa. «Lo stop deciso dal Mise - ha detto Francesca Re David, leader della Fiom - è merito degli scioperi e delle manifestazioni dei lavoratori».

Il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, auspica che «il confronto riprenda quanto prima e non ci si fermi alla prima proposta e alla prima reazione senza nemmeno entrare eccessivamente nel merito».

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