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Ma a mancare alle celebrazioni del Pd non sono solo i «padri nobili»

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L'Analisi|politica 2.0

Ma a mancare alle celebrazioni del Pd non sono solo i «padri nobili»

Sono nomi di peso quelli che oggi non saranno all’anniversario dei 10 anni dalla nascita del Pd. Mancheranno Romano Prodi e Arturo Parisi che di quel progetto furono inventori e pionieri eppure non sarà solo quello il vuoto, non saranno solo loro i fantasmi del teatro Eliseo, luogo delle celebrazioni. È vero, la loro assenza è un caso che tiene banco nella giornata di oggi - insieme alla bocciatura sul Rosatellum - ma è un altro “vuoto” che mette in affanno l’area della sinistra. Basta mettere in fila anche i casi di cronaca di questi ultimi giorni per vedere dove stanno le altre assenze che forse conteranno di più in prossimità di una campagna elettorale e di un voto tra sei mesi. La rivolta degli studenti di ieri contro la riforma della scuola che è un aspetto della crisi di una generazione, lo sciopero Cisl alla Rynair che è diventato l’emblema della più grande questione dei diritti sul lavoro - come del resto quello dell’Ilva sollevato dallo stesso ministro Calenda - e questo mentre a Washington perfino i banchieri centrali sollevano il tema salariale e della redistribuzione di reddito.

Non sono rovelli solo del centro-sinistra italiano e nemmeno sono solo della politica, anche gli economisti sono dentro al nuovo enigma fatto di crescita senza inflazione, di occupazione senza aumento dei salari e produttività, temi di cui si parla in pagina 9 con l’avvio dell’iniziativa del Sole 24 Ore sul “Processo all’economia” in cui si confronteranno le tesi dei principali teorici di scienze economiche e sociali. In un decennale fare l’appello di presenti e assenti conta – e perderne per strada alcuni è una sconfitta - ma conta pure fare il punto su dove si è arrivati e se le proposte “consegnate” agli italiani in questi ultimi anni di Governo hanno toccato il cuore del malessere. Finora la risposta del leader Pd e del premier è parlare con i numeri, ripetere che c’è un segno più davanti al Pil e all’occupazione - ed è certo un successo - ma pure loro non sembrano così convinti che oggi una cifra sia in grado di spiegare tutto. È troppo evidente il ritorno dei divari, territoriali e di reddito, di diritti e tra generazioni.

La domanda, prima ancora delle grandi risposte e della messa a punto di un nuovo paradigma della sinistra su si fa fatica a tutte le latitudini, è se il Pd abbia ancora i sensori per vedere dove stanno le aree di disagio, chi è coinvolto, come non arrivare sempre dopo. Un po' come è accaduto ieri, quando Renzi ha chiesto suggerimenti a studenti e insegnanti sull’alternanza scuola-lavoro, ma solo quando la rivolta nelle piazze italiane si era consumata. Sembra anche questo il risultato di una “solitudine” in cui si sono ritrovati i partiti, non solo il Pd, che hanno declassato le organizzazioni sociali - non solo quelle tradizionali - a rappresentanze minori e quasi inutili. Alla fine però si sono ritrovati deboli entrambi, entrambi sfidati dai populismi (è di qualche settimana fa l’attacco di Luigi Di Maio ai sindacati) .

Dieci anni fa il Pd di Veltroni nacque per fondere due culture politiche e trovare una declinazione diversa al modello sociale di sinistra concependo un patto tra impresa e lavoro. Oggi globalizzazione e crisi finanziaria hanno travolto i contenuti di quello schema, ma tornare all’idea di alleanze sociali forse potrebbe consentire uno sguardo meno distante dalla realtà.

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