La Commissione europea dirà la sua in novembre sulla manovra appena approvata dal Governo. E tutto lascia supporre che non vi saranno obiezioni alla richiesta, peraltro già tradotta nei saldi del disegno di legge di Bilancio, di limitare allo 0,3% del Pil il taglio del deficit strutturale per il prossimo anno, in luogo dello 0,8% fissato dal Documento di economia e finanza dello scorso aprile.
Lo spazio di manovra (ricavato nel differenziale tra un deficit tendenziale dell'1% e un deficit programmatico dell'1,6%) sarà utilizzato per disattivare il prospettato aumento di tre punti dell'Iva. Circa 10 miliardi, cui va ad aggiungersi 1 miliardo già individuato nel dispositivo del decreto fiscale approvato venerdì scorso dal Consiglio dei ministri. Mancano all'appello 4,7 miliardi, la cui copertura è affidata alle misure contenute nella manovra. Per il resto, le residue risorse andranno a finanziare le spese incomprimibili, tra cui il costo delle missioni all'estero e dei rinnovi contrattuali nel pubblico impiego, e le misure per crescita.
Se questo è l'impianto della manovra, la lente di Bruxelles potrebbe tra breve focalizzarsi sullo schema delle coperture, con specifica attenzione agli addendi che compongono le nuove entrate e ai tagli alla spesa. Tra le una tantum figurano i maggiori incassi attesi dalla “rottamazione bis” delle cartelle esattoriali (1 miliardo), ma anche gli introiti previsti dall'asta delle frequenze 5G per la banda larga mobile (1,2 miliardi nel 2018). Le regole europee ammettono il ricorso a una tantum, che però non possono essere utilizzate ai fini della riduzione del deficit strutturale, calcolato appunto al netto delle variazioni del ciclo economico e delle one off. E le regole di contabilità nazionale non consentono di coprire nuovi o maggiori spese (o riduzioni permanenti del prelievo) con una tantum.
Nella trattativa in corso con Bruxelles dovrà dunque essere ben specificato che queste poste di entrata non concorrono al taglio del deficit strutturale (pari a circa 5 miliardi). Lo stesso ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan vi ha fatto esplicito riferimento ieri nel corso della conferenza stampa, al termine del Consiglio dei ministri: l'accordo con Bruxelles va esattamente in questa direzione. Per le nuove entrate, il maggior gettito utilizzabile al taglio del deficit deve essere permanente, e non a caso Padoan ha citato il capitolo dell' ”l'efficientamento” della riscossione e la graduale estensione dell'obbligo della fatturazione elettronica ai fini Iva. Le one off – ha spiegato – sono servite per “misure relative al 2017”. Quindi le una tantum saranno utilizzate per completare la neutralizzazione delle clausole Iva. Vi è da supporre che nei contatti informali intercorsi in questi giorni tra Roma e Bruxelles quest'ultimo aspetto sia stato chiarito. In caso contrario, a novembre la Commissione potrebbe eccepire chiedendo di ricalibrare lo schema delle coperture.
Altro capitolo su cui Bruxelles guarda da sempre con notevole attenzione è quello dei tagli alla spesa, che garantiscono il 40% delle coperture. Misure che devono essere anch'esse strutturali ma soprattutto di certa realizzazione. Un impegno non da poco per l'ultima manovra della legislatura, che aprirà la strada alle prossime elezioni.
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