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Italia Paese che invecchia, metà della popolazione ha più di 45…

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il rapporto istat

Italia Paese che invecchia, metà della popolazione ha più di 45 anni

«L’Italia, che negli anni Cinquanta era tra i paesi europei più giovani, rispetto agli altri è invecchiata di più e più rapidamente». Il dato emerge nel Report
“Sessant'anni di Europa” pubblicato oggi dall’Istat. «Se nel 1957 la metà della popolazione italiana aveva meno di 31 anni - si legge - ora ne ha più di 45. In sessanta anni, dunque, il baricentro della popolazione italiana si è spostato di oltre 15 anni». Lo stesso fenomeno si registra per gli altri ma con un'intensità “minore”: lo spostamento è stato in media «di 11 anni»: da «33 a 44 anni nei
6 Paesi fondatori e da 32 a 43 nel complesso dell’Ue».

L’INVECCHIAMENTO DELLA POPOLAZIONE
Gli anni 1957-59 sono stimati per interpolazione sui dati 1955 e 1960. L'aggregato E6 è pesato sulla popolazione dei Paesi (per il 2016 è basato su dati 2015); fino comprende la sola Francia metropolitana; la Germania comprende anche i Lander orientali della ex RDT. L'aggregato Ue28 fino al 1989 è stimato dai dati demografici e di struttura di fonte Nazioni Unite; per gli anni 1990-1997 i Paesi sono 27(Fonte: Elaborazioni Istat su dati Eurostat e Nazioni Unite - Un Population Division)

Italia da Paese di giovani a 50% di over 45
«Sebbene il miglioramento della speranza di vita alla nascita sia comune a tutti i paesi sviluppati, il valore italiano - evidenzia l’Istat - si è mantenuto al di sotto di quelli europei fino all'inizio degli anni Settanta, per poi superarli stabilmente». Ed ecco che ora, si sottolinea, «siamo attualmente uno dei paesi a maggiore longevità, all'interno di un continente comunque caratterizzato da valori molto elevati». Guardando al quinquennio 2010-2015 l’età media in Italia è infatti pari a 82,6 anni, superiore sia a quella dei sei Paesi fondatori (81,8) che a quella dell'Ue al completo (80,4).

Su lavoro donne e occupazione indietro in Ue
«Nel 2016 il tasso di occupazione in Italia è pari al 57,2% della popolazione in età attiva, un livello inferiore a quello osservato nel complesso dell'Ue e ancor più basso se si considerano i soli paesi fondatori» scrive l’Istat nel Report. Certo «il ritardo dell’Italia sul fronte della partecipazione al lavoro non è una novità» ma «i livelli massimi di divergenza si osservano durante la recente crisi: in questi anni il divario tra lìItalia e l'Europa dei sei fondatori, ma anche dei 28, è il
più elevato mai riscontrato». In quest’ottica, l’obiettivo di Europa 2020 di un tasso di occupazione al 75% appare molto lontano». Da segnalare che nel 1963 il
tasso di disoccupazione in Italia era al 4%: un minimo storico comunque
superiore a quello del gruppo dei sei fondatori.

Quanto alla parità di genere, negli ultimi sessant’anni, si legge ancora nel Report Istat, «le differenze fra l'Italia e i sei paesi fondatori si sono accentuate». In Italia, si spiega, «un cambio di passo interviene soltanto a partire dagli anni Settanta: i punti percentuali che separano i tassi di occupazione maschili e femminili sono 50 nel 1970, e si riducono a 18 nel 2016. Ma ancora molta strada ci separa dal complesso dei paesi dell'Ue e dall'aggregato dei sei fondatori».

Stipendi uomo-donna, in Italia gap più basso Ue
Sul fronte del mercato del lavoro va evidenziato anche che in base a una pubblicazione Eurostat diffusa dall’Istat il gap stipendi uomo-donna in Italia è più basso della media Ue. «Nel 2015, le donne hanno guadagnato il 16,3% in meno degli uomini nell'Ue, se si confronta la retribuzione lorda oraria media - si legge -. Le differenze più ampie sono in Estonia (26,9%), Repubblica Ceca (22,5%) e Germania (22,0%); quelle minori in Italia a pari merito con il Lussemburgo (al 5,5%), Romania (5,8%) e Belgio (6,5%)».

Spesa per ricerca e sviluppo sotto la media Ue
Quanto alla spesa per ricerca e sviluppo (R&S), è cresciuta rapidamente in tutti i P aesi fondatori fino alla metà degli anni Ottanta: tra il 1963 e il 1985 la sua incidenza sul Pil è salita dall'1,5 al 2,1% per il gr uppo dei 6 Paesi fondatori e dallo 0,6 all'1,1% in Italia. Nel ventennio successivo l'andamento ha seguito quello del Pil. Ma nel nostro paese l'incidenza della spesa in R&S continua a essere assai inferiore alla media europea.

Non solo. L’Italia presenta tassi di istruzione universitaria molto più bassi della media europea. Dalla metà degli anni Novanta la percentuale di persone di 30 -34 anni in possesso di un diploma di laurea è in costante aumento, triplicando tra il 1992 e il 2016. Un aumento analogo si registra anche nel resto d'Europa e negli anni la distanza tra l’Italia e la media comunitaria si è mantenuta attorno ai 10 punti percentuali. Da segnalare però che nel nostro Paese la quota di donne sul totale dei laureati è generalmente superiore rispetto alla media europea.

L’ANDAMENTO DELLE NASCITE
I numeri indice sono in base 1957=100. L'aggregato E6 fino al 1993 comprende la sola Francia metropolitana; la Germania comprende anche i Lander orientali della ex RDT. L'aggregato Ue28 fino al 1960 è basato su stime delle Nazioni Unite. (Fonte: elaborazione Istat su dati Eurostat e Nazioni unite-Un Population Division)

Età parto sempre più alta, verso media 32 anni
In campo demografico, numero di figli per donna in Italia si mantiene inferiore ai valori europei fino a metà degli anni Sessanta. Sebbene da quella data inizi un diffuso declino, il tasso di fecondità totale rimane superiore ai 2 figli per donna sino alla metà degli anni Settanta. Negli anni Novanta si raggiungono i punti più bassi: 1,2 2 figli per l'Italia. Dagli anni Duemila si registra un aumento, da attribuire in buona parte alla componenete straniera. L'età delle donne al parto è in Italia strutturalmente superiore a quella rilevata in Europa, «con un divario compreso tra i sei mesi e i due anni». In tutta l’Ue si registra una tendenza verso l’aumento che «trova conferma anche nelle proiezioni» relative al periodo 2015-2020, quando in Italia l'età media si attesta sui 32 anni, contro i 30,9 dell'Unione europea nel su complesso. In Italia i minimi si sono toccati tra i 1975 e il 1980 quando l'età media al parto risultava pari a 27,5 anni (comunque più alta di quella dell'Ue, 26,8 anni).

La povertà in Italia si attesta su livelli costantemente superiori rispetto ai partner europei. La crisi del 2008 ha avuto un effetto molto più intenso:
dopo il 2010 il tasso di deprivazione materiale è aumentato di circa 5 punti percentuali e il rischio di povertà o esclusione sociale di circa 3 punti, a fronte di un aumento di un solo punto per entrambi gli indicatori negli aggregati
europei.

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