Tapering, rialzo dei tassi, nodi da sciogliere sui crediti deteriorati e sulle cartolarizzazioni dei Npl, la partita aperta dei titoli di Stato detenuti dalle banche italiane e la garanzia unica europea sui depositi. E ancora: l’applicazione ferrea del bail-in e l’arrivo di Mifid2, il potenziale allargamento dello spread BTp/Bund con l’aumento del rischio politico, la politica del cambio se l’euro è troppo forte o troppo debole e se gli Usa entrano in recessione. E più ancora: la scadenza del vicepresidente Bce Vítor Constâncio nel maggio 2018, del presidente del Consiglio di Vigilanza del Meccanismo di Vigilanza Unico Danièle Nouy a fine 2018 e del presidente Bce Mario Draghi a fine ottobre 2019. Così si presenta la scrivania del prossimo mandato del Governatore della Banca d’Italia, che inizia il 1° novembre, guardando al 2018 e al 2019: un biennio molto pesante.
Oltre alla stabilità del sistema finanziario e bancario, per la tutela non solo dei risparmiatori ma dell’occupazione e della crescita, il governatore della Banca d’Italia dal prossimo mese avrà il suo da fare in Bce partecipando alle discussioni sulle grandi decisioni in arrivo: dovrà far sentire la sua voce con autorevolezza e argomentare le proprie ragioni nel consiglio direttivo della Bce - dove una testa pesa con un voto a prescindere dal Pil del Paese - per salvaguardare nell’organo collegiale il futuro dell’euro e dell’Unione monetaria e contribuire al processo in corso dell’Unione bancaria e del Mercato dei capitali unico europeo. Portando avanti la posizione italiana ma non gli interessi puramente nazionali e dunque intessendo alleanze ed evitando l’isolamento.
Giovedì, come atteso dai mercati, la Bce annuncerà il prolungamento del Qe oltre la sua fine (che era stata programmata per il dicembre 2017) con, al tempo stesso, la modalità di riduzione degli acquisti di asset (attualmente 60 miliardi al mese) prevedibilmente a partire del gennaio 2018: il tapering influisce sulla gestione del debito pubblico in quanto dal marzo 2015 Bce/Banca d’Italia hanno comprato 7-9 miliardi di titoli di Stato italiani al mese. La scarsità dei titoli di Stato di molti Paesi, tra i quali la Germania ma non l’Italia, pesa sulle scelte di tapering. Resta da vedere se il Qe diventerà un programma open-ended (senza scadenza prefissata) o gli acquisti termineranno in una certa data. Finiti gli acquisti, la Bce tornerà ad alzare i tassi, una stretta di politica monetaria tradizionale dopo otto tagli iniziati dal novembre 2011, non appena Draghi si insediò nell’Eurotower. Il Governatore della Banca d’Italia partecipa a queste decisioni su tassi, rappresentando il Paese - con il suo enorme stock di debito pubblico e alto debito-Pil - che pagherà un conto più salato per rifinanziare il debito a tassi più alti. Senza contare che tra fine 2017 e inizio 2018 arriverà su BTp e spread la turbolenza delle elezioni politiche.
Un’altra partita apertissima è quella sui Npl: i tempi e le modalità dello smaltimento dello stock (anche in questo caso l’Italia si siede al tavolo delle discussioni con un sistema bancario appensantito da un elevato rapporto tra sofferenze/crediti deteriorati e impieghi totali). L’Italia tra l’altro vorrebbe spuntare una maggiore apertura dalla Bce per l’utilizzo delle cartolarizzazioni dei Npls come collaterale e nell’asset purchase programme.
Non facile in prospettiva sarà anche il dibattito, che esploderà, sulla necessità di introdurre un accantonamento di capitale anche per l’esposizione al rischio sovrano delle banche: non facile per l’Italia, in quanto le banche italiane sono tra le più esposte al rischio sul proprio Paese. Ma questa è una tappa cruciale del cammino dell’Unione bancaria.
Guardando avanti, l’Italia potrebbe non avere ulteriori spazi di manovra oltre alla ricapitalizzazione precauzionale (Mps) e la liquidazione speciale con intervento pubblico (le due Venete), viste dai partner europei come due eccezioni che confermano la regola da applicare in futuro, che è il bail-in. Non da ultimo, l’Italia dovrà ponderare le sue mosse sul risiko delle prossime nomine: nel 2018 scadono Constâncio (numero due della Bce) e Nouy, nel 2019 Draghi.
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