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Dossier | N. 51 articoliElezioni regionali siciliane 2017

Aspettando la Sicilia, un test per riequilibrare l’asse Cavaliere-Salvini

(Ansa)
(Ansa)

I referendum rafforzano la Lega ma tra due settimane si vota in Sicilia. Per Berlusconi è l’occasione per riequilibrare i rapporti con Salvini e per la destra di andare verso le urne 2018 con il vento a favore.

È vero che la vittoria ai referendum di domenica in Lombardia e Veneto rafforza la Lega e, soprattutto, la sua antica battaglia sul Nord che ora torna d’attualità. È vero però che tra due settimane c’è un altro voto importante: il 5 novembre si aprono le urne in Sicilia. E se anche l’Isola dovesse spalancare le porte al centro-destra, la campagna elettorale verso il voto di marzo partirebbe già con un vincitore potenziale. Questo è il messaggio politico più forte che potrebbe arrivare complessivamente dai due test del Nord e del Sud: un vento popolare nelle vele della destra. E il Pd e i 5 Stelle sarebbero costretti alla rincorsa.

Insomma, al di là delle dinamiche interne ai rapporti tra Berlusconi e Salvini, al di là di quelle ancora più interne tra Salvini e Maroni, il primo dato è che la vittoria referendaria – più netta in Veneto – se sarà abbinata a quella siciliana assegnerà una pole position chiara alla destra. E questo vantaggio farà sì che saranno Salvini e Berlusconi a dettare i temi dell’agenda per le elezioni 2018. Se finora la “supremazia” dei 5 Stelle nei sondaggi aveva di fatto messo come priorità politiche la lotta alla casta o la battaglia per l’onestà - e gli altri due schieramenti si sono messi all’inseguimento - dopo il 5 novembre si potrebbe imporre un’agenda più di destra. E quindi immigrazione, sicurezza, tasse.

E infatti, con un riflesso pronto e senza nascondere la vittoria leghista, Renzi si è già messo in scia con una dichiarazione tutta sui temi fiscali. «Mi piacerebbe - ha scritto il leader Pd - che la prossima legislatura cominciasse con un accordo delle forze politiche per un progetto come quello che abbiamo lanciato noi (”Tornare a Maastricht”) che permetterebbe la riduzione annuale delle tasse per una cifra che può variare tra i 30 e i 50 miliardi di euro». E lo stesso ha fatto Grillo sul blog rivendicando la sua parte nella vittoria visto che «autonomia e partecipazione sono da sempre le stelle polari del Movimento». Ecco, c’è già una torsione dell’agenda elettorale. E ora il punto è se il Pd o i 5 Stelle riusciranno a imporne una diversa, a trovare una bandiera identitaria o se saranno costretti solo alla rincorsa.

Certo, spingersi oltre il 5 novembre è un azzardo ma le elezioni in Sicilia sono cruciali per il Cavaliere. Come si gestiranno gli equilibri tra Forza Italia e il Carroccio si vedrà all’indomani di quel voto. Perché è lì che lui cercherà la riscossa sul giovane leader leghista. Tant’è che in Via Bellerio mettono già le mani avanti raccontando (con una punta maligna) di un Berlusconi che ha fatto fare le liste siciliane a Miccicchè in una sola chiave: quella di acchiappare voti anche a costo di sacrificare la limpidezza dei curricula dei candidati. La scommessa è tutta nell’Isola non solo per dimostrare che si può superare la Lega, ma anche perché una vittoria darebbe al cavaliere quel ruolo che ha sempre avuto: di mediatore tra Nord e Sud del Paese.

Un ruolo che non vuole dare a Salvini che pure ci sta provando, a fatica, proponendo una Lega sovranista ma anche indipendentista. È in questa contraddizione politica che Forza Italia e il suo leader vogliono entrare per non diventare ancillari nel rapporto con il Carroccio. E la Sicilia potrebbe dargli l’assist che serve.

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