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Tra banche e pensioni «cresce» la campagna Pd contro il Governo

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L'Analisi|politica 2.0

Tra banche e pensioni «cresce» la campagna Pd contro il Governo

Prima le banche e ora le pensioni. Prima la battaglia – a colpi di mozione – su Bankitalia che ha messo alle strette Paolo Gentiloni e ieri una nuova offensiva su un altro tema caldo di campagna elettorale, la previdenza. Entrambi i fronti hanno un bersaglio: il Governo. E non c’è dubbio che questi primi segnali descrivono una strategia: il Pd, partito di maggioranza, sta puntando alle urne di marzo muovendosi come fosse una forza di opposizione. Quella dichiarazione di ieri del ministro Martina che chiedeva di rinviare l’adeguamento automatico dell’età pensionabile – 67 anni nel 2019 – va infatti in rotta di collisione con le recenti prese di posizione sia del ministro Padoan che del premier. Entrambi avevano escluso di voler ritoccare quella norma su cui si regge non solo la sostenibilità del sistema previdenziale ma anche tutti i saldi contabili scritti nella legge di bilancio. «Il Governo rispetterà la legge in vigore», aveva detto una settimana fa Gentiloni chiudendo alle opposizioni ma, oggi, il paradosso è che a “smentirlo” è un suo ministro.

Ora il punto non è soltanto quello di piantare delle bandiere popolari per scavalcare la sinistra di Bersani o la destra di Salvini, ma è la logica politica che c’è dietro queste mosse renziane. Che forse rispondono a un calcolo: che le elezioni non si vincono con una cultura di governo e riformista ma giocando il ruolo dell’opposizione. Colpiva, sempre nella dichiarazione di Martina, che lui facesse espresso riferimento alle «norme volute da Berlusconi e poi modificate da Monti ma che ora vanno riviste» come se volesse scacciare i fantasmi del passato quando la riforma Fornero fu votata dal Pd. Insomma, dopo anni in cui il centro-sinistra si è battuto contro la finanza allegra per rivendicare il valore dei “conti in ordine”, adesso sembra in piena inversione di marcia. Un’inversione che ha già la sua punta massima in quel ritorno a Maastricht - e a deficit più alti - predicato da Renzi.

Un cambio di programma che lascia alcuni nel Pd assai perplessi, mentre trova molto entusiasmo nella corrente ex-diessina di Orfini e Martina. Ecco, la coppia Gentiloni-Padoan dovrà navigare nelle acque della manovra finanziaria con questi venti contro. Come diceva il presidente della commissione Bilancio Giorgio Tonini: «C’è un delicato rapporto tra Governo e maggioranza da gestire durante la legge di bilancio». Un modo assai elegante per descrivere un braccio di ferro vero, aggravato dal fatto che Mdp è ormai all’opposizione e che l’Esecutivo rischia di finire nella trappola di alcuni aut-aut. E le pensioni, a quanto pare, sono il più popolare ma il più pericoloso per i conti.

Tuttavia, dopo aver alzato così il tiro, il Pd non potrà tornare indietro. «È chiaro che si dovrà trovare un punto di caduta. Ma non può essere la norma sull’adeguamento automatico che farebbe saltare il sistema. L’unica via - suggeriva Tonini - è nell’Ape social: finora è stato usato poco per i criteri assai restrittivi e quindi ha ancora una buona dotazione finanziaria. Lì si possono immaginare meccanismi di età pensionabile diversi tenendo conto delle caratteristiche dei lavoratori, dagli usuranti a chi ha perso il posto». Il fatto è che di legge di bilancio si parlerà dopo la nomina del Governatore. Un passaggio che potrebbe essere il punto di non ritorno per una campagna elettorale fatta da Renzi contro il suo Governo.

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