Roma
Sono state le ispezioni di Bankitalia del 15 aprile e del 9 agosto 2013 a portare all’attenzione dei pm il dissesto di Veneto Banca, con i 350 milioni di euro di finanziamenti “baciati”, garantiti solo a chi aveva sottoscritto contratti Acr e a chi era in una condizione di conflitto di interessi.
Lo ha spiegato il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, ascoltato ieri dalla commissione bicamerale sulle banche, presieduta da Pier Ferdinando Casini. L’alto magistrato ha illustrato il procedimento - istruito dai pm Stefano Pesci e Sabina Calabretta, col coordinamento dell’aggiunto Rodolfo Sabella - per il quale è stato chiesto il processo per gli ex dominus di Veneto Banca: Vincenzo Consoli e Flavio Trinca.
Diverse le domande per capire se da parte della Banca d’Italia ci siano stati presunti ritardi o comportamenti di tolleranza verso la situazione disastrata di Veneto Banca. Pignatone - che torna a chiedere che siano le procure distrettuali a occuparsi dei reati finanziari complessi - ha analizzato i fatti partendo dal principio, dall’innesco dell’indagine, passata dalla Procura di Treviso a quella capitolina. Il fascicolo si basa su i due documenti messi a punto dai tecnici di Palazzo Koch durante le ispezioni del 2013. Materiale in cui si conclude con un «giudizio in prevalenza sfavorevole», che pone l’accento su «frequenti finanziamenti (...) in favore di esponenti che versano in conflitti di interesse», ma anche e soprattutto verso soggetti che utilizzavano parte di quei finanziamenti per acquistare azioni della banca.
Il procuratore, però, ha parlato anche di altri aspetti. È in questa fase che ha chiesto la secretazione della sua audizione, dopo aver accennato al verbale di interrogatorio di Consoli, che ai pm disse che Bankitalia sapeva del metodo con cui erano erogati i finanziamenti. Nel suo verbale, Consoli ha detto che «abbiamo ricevuto» una precedente «ispezione mi pare anche nel 2009, quindi queste cose (i contratti Acr per ottenere i finanziamenti “baciati”, ndr) c’erano, la Banca d’Italia non può che averle viste (...) nel 2009 non ha contestato nulla». Sul punto, però, Consoli non dà certezze: le sue sono ipotesi che, inoltre, non avrebbero trovato riscontro nei successivi accertamenti dei magistrati. A sollevare ombre, infine, c’è anche Pietro D’Aguì, l’ex manager di Banca Intermobiliare imputato nel procedimento Veneto Banca. In un esposto, sul quale «è in corso - ha detto Pignatone - la valutazione della Procura», ha denunciato la Banca d’Italia di aver compiuto sul suo ex istituto ispezioni irregolari.
© RIPRODUZIONE RISERVATA