Adesso è certo: andremo a votare con il Rosatellum. La nuova legge elettorale ha ieri ottenuto il via libera definitivo del Senato con i 214 voti favorevoli di Pd, Fi, Lega, Ap, Ala e altri gruppi minori mentre 61 sono stati i contrari (M5S,Mdp e Si) più 2 astenuti. Deputati e senatori saranno dunque eletti con un sistema per due terzi proporzionale e per un terzo attraverso collegi uninominali, dove il seggio verrà attribuito a chi prende un voto in più dei concorrenti.
Ora si attende a breve la firma del Capo dello Stato. Sergio Mattarella, nel corso di un incontro al Quirinale con un gruppo di studenti, ha ricordato che è «dovere» del presidente della Repubblica firmare i provvedimenti approvati dal Parlamento, anche qualora non li condivida «appieno». «Non contano le mie idee perchè non è a me che la Costituzione affida il compito di fare le regole con le leggi», ha insistito il presidente della Repubblica, sottolineando che c’è solo un caso in cui è suo dovere non apporre il sugello del Quirinale: quando arriva un provvedimento che contrasta «palesemente, in maniera chiara, con la Costituzione». Parole che indirettamente sono anche una risposta al M5S, che aveva prima ipotizzato una manifestazione davanti al Quirinale e ora sta riflettendo se chiedere un incontro al Capo dello Stato. «Vedremo», ha confermato Alessandro Di Battista, auspicando che «Mattarella non firmi» il Rosatellum.
La campagna elettorale è già in corso. E la nuova legge elettorale, favorendo le coalizioni, è destinata a incidere anche sui rapporti tra le forze politiche. Il centrodestra conta di fare man bassa dei collegi al Nord, anche grazie alla rottura tra Pd e Mdp. Per Pier Luigi Bersani il Rosatellum è un «macigno» che impedisce qualunque ipotesi di riavvicinamento. Lo scioglimento delle Camere è atteso già prima di Natale (attorno al 20 dicembre) subito dopo l’approvazione della manovra. Questo significa che si andrà a votare presumibilmente il 4 o l’11 marzo. Ma c’è ancora tempo per mettere ancora qualche colpo a segno. In cima alla lista c’è lo ius soli. A confermarlo è stato ieri il capogruppo del Pd Luigi Zanda. Nel corso del suo intervento a favore del Rosatellum, Zanda ha invitato il Governo a mettere la fiducia anche sullo ius soli «non appena avremo la certezza di avere i voti necessari». E paradossalmente questa ipotetica maggioranza vedrà riuniti assieme i bersaniani di Mdp e il gruppo di Ala di Denis Verdini, ovvero le due forze politiche che sono state al centro della rottura della maggioranza a sostegno di Paolo Gentiloni consumatasi sul Rosatellum. «A chi dice oggi che si è realizzata una nuova maggioranza - ha detto Verdini con riferimento alle dichiarazioni di Bersani sulla sostituzione di Mdp con Ala - vorrei dire che non è vero perché noi c’eravamo, ci siamo stati e ci saremo fino all’ultimo giorno della legislatura». Per lo ius soli la verifica arriverà a fine mese, nella finestra che si aprirà tra primo e il terzo passaggio della legge di Bilancio.
Passaggio come sempre delicato ma oggi ancora più insidioso perché interviene a pochi mesi dalle elezioni e con una maggioranza risicatissima al Senato. E sulla manovra, molto più che sullo ius soli, Ala sarà determinante. Lo ha di fatto esplicitato anche Zanda che, dopo aver paventato il rischio dell’esercizio provvisorio, ha attribuito la medaglia di patrioti a quanti contribuiranno all’approvazione della legge di Bilancio dimostrando così «senso di responsabilità» di fronte al Paese.