È decollato il piano di vendite immobiliari della Banca d’Italia. Negli ultimi due anni, grazie alla cessione di una ventina di palazzi di pregio, già sedi di filiali dismesse, via Nazionale ha realizzato proventi per 50 milioni. «Il mercato è ripartito – indica a Radiocor Luigi Donato, funzionario generale e capo del Dipartimento immobili e appalti della Banca – e chi era già interessato ora si fa avanti per paura che arrivi qualcun altro».
Venti le vendite già realizzate di cui molte a trattativa diretta e altre con gare pubbliche ma senza base d’asta. Anche per il pezzo più famoso della collezione, il Salone Margherita di Roma la situazione pare sbloccarsi: giovedì scorso alla scadenza dei termini sono arrivate le prime manifestazioni d’interesse e la procedura, con le offerte vincolanti, potrebbe concludersi positivamente nel 2018. Il piano della Banca d’Italia aveva preso il via dopo il maxi taglio della rete di Filiali della banca (circa 100) avviata nel 2008 dall’ex Governatore Mario Draghi. Dopo alcuni anni infruttuosi con un advisor immobiliare la Banca ha deciso di fare da sola e sta raggiungendo il suo scopo.
L’ultima filiale a essere stata venduta in ordine di tempo è quella di Reggio Emilia; per Alessandria e Belluno si è alla firme dal notaio. Accordo definitivo raggiunto anche per Belluno. La Banca d’Italia deve vendere ancora 59 ex filiali, molte vincolate dalle Sovrintendenze, nelle maggiori città italiane non capoluogo di regione. Nel menù delle cessioni anche altri immobili, perlopiù appartamenti di pertinenza dei funzionari delle filiali chiuse. Il piano di dismissioni, spiega Donato, deve tenere conto delle peculiarità di questi palazzi e dei criteri che si è data la Banca per le dismissioni. Non sarà possibile vedere, ad esempio, una sala bingo in un ex immobile dell’istituto. «Ai potenziali acquirenti chiediamo quali progetti abbiano, ci interessa la destinazione d’uso». In due casi, Matera e Siracusa, le ex filiali si sono trasformate in alberghi, destinazioni coerenti con la vocazione turistica delle due città. Donato fa poi l’esempio di un immobile acquistato da una società finanziaria che lo utilizza per i suoi uffici. «I nostri palazzi sono spesso nella piazza principale della città e con l’attenzione alla destinazione d’uso contrastiamo anche il fenomeno dello svuotamento dei centri storici». Per alcune filiali è stata preferita la soluzione dell’affitto: Tribunali, Carabinieri e Comuni i soggetti locatari. Tre ex sedi, invece, sono state date in comodato d’uso: sono quelle più vicine alle zone colpite dal terremoto dell’agosto 2016: Ascoli, Terni e Rieti, riaperte e risistemate in pochissimo tempo per aiutare la protezione civile e le famiglie colpite.
Tornando al piano di cessioni, la Banca d’Italia punta a realizzare, ora che il mercato immobiliare si sta riprendendo, «una vendita al mese» in modo da completare le dismissioni in non più di quattro anni. Tra i potenziali acquirenti per questa tipologia di immobili non ci sono, a sorpresa, i soggetti esteri. «Il taglio degli immobili è troppo piccolo per i grandi gruppi internazionali, più facile trovare un imprenditore locale» pronto a sborsare anche dieci milioni per un immobile di quel tipo. Anche perché la Banca ha fissato anche il criterio di non frazionare gli immobili.
Le trattative
In questi mesi la Banca d’Italia ha in piedi nove trattative dirette per ex filiali oltre a una gara pubblica per quattro immobili che meglio si prestano a questa tipologia di vendita: la filiale di Brindisi, un palazzetto storico a Lucca, uno residenziale a Torino e il Salone Margherita a Roma. Per quest’ultimo il vincolo a sala spettacolo ne frena la platea di potenziali acquirenti ma la posizione a pochi passi da piazza di Spagna potrebbe interessare una tipologia ben precisa di imprenditore. Quasi un affollamento a testimonianza «di una strategia vincente rispetto a quella di vendite massive che attuammo nel biennio 2012-2014». In quegli anni la Banca nominò al termine di una lunghissima selezione l’advisor Colliers-Exitone per la vendita. Le procedure con valore a base d’asta furono però un flop anche a causa della crisi del mercato immobiliare. La fase delle vendite con l’advisor fu quasi fallimentare: furono cedute solo due ex filiali tra le quali quella “famosa” di Vicenza acquistata dalla Popolare di Vicenza degli “anni d’oro” sotto la guida di Gianni Zonin.
La procedura
Le trattative e le gare pubbliche senza base d’asta vengono svolte dal Dipartimento immobili di via Nazionale. Una seconda fase prevede la fissazione di un limite di congruità per la vendita (il prezzo minimo) da parte di una commissione interna alla Banca con l’ausilio di un perito esterno. La terza fase è la decisione, che spetta al Direttorio della Banca con un ulteriore controllo del Consiglio Superiore che prende una delibera su ogni dismissione.
I “gioielli”
Nella nuova tranche in vendita c’é anche uno dei tre “gioielli” più preziosi: la filiale di Como che assieme a quella ricca di affreschi di Verona e alla ex sede di Udine sono potenzialmente gli immobili di maggior realizzo per la banca. C’è poi il quattrocentesco palazzo Piccolomini di Siena, più noto come il Palazzo delle Papesse, che sta per tornare alla vista dei senesi dopo un accurato restauro della facciata. Per il palazzo nel centro storico della Città la tempistica della vendita non è stata ancora definita; la Banca d’Italia punta a una destinazione “istituzionale”. Dall’altana del palazzo delle Papesse, che ospitò anche Galileo Galileo, c’è la più bella vista sulla città del Palio.
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