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Calenda: «Partita da giocare tutti insieme»

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Calenda: «Partita da giocare tutti insieme»

«Con la quarta rivoluzione industriale stiamo vivendo una fase di profonda transizione che bisogna governare, altrimenti rischiamo di rimanere spiazzati come avvenne all’inizio della globalizzazione, ma allo stesso tempo questo salto tecnologico può avere enormi effetti positivi anche per le sfide della sostenibilità ambientale e del miglioramento della qualità di vita».

Il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda ha partecipato alla presentazione del rapporto sulla Green economy di Fondazione Symbola e Unioncamere: «Un report che ogni anno ci aiuta a decidere le nostre policy, tanto che la nuova Sen, la Strategia energetica nazionale, si nutre dei dati di questa indagine». E mai come in questa fase storica il ministro intravede un «grande potenziale di sviluppo» della green economy in cui l’industria italiana «non può e non deve giocare in difesa, ma deve arrivare per prima». Per aiutarla, però – avverte il ministro - bisogna favorire investimenti privati e pubblici con «interventi selettivi mirati», come nel caso del «pacchetto Industria 4.0» o dell’«ecobonus previsto in manovra».

Quanto la quarta rivoluzione industriale impatta anche sulla green economy?
Le nuove tecnologie e l’avvento di industria 4.0 stanno avendo un effetto di spiazzamento in tutti i settori. Oggi prevale una percezione che fa pensare a questo salto tecnologico come fosse una frontiera oscura, sconosciuta e incontrollabile. Ma noi per la prima volta, già dal recente G7 di Torino, abbiamo cominciato a pensare a come governare queste tecnologie. Oggi c’è un grande potenziale di sviluppo che arriva dalla sfida della qualità della vita e della sostenibilità, in cui l’industria italiana non può permettersi di giocare in difesa, ma deve arrivarci per prima.

A che punto siamo in Italia?
Nel settore della green economy l’Italia ha molti picchi di eccellenza, ad esempio abbiamo ottime performance nell’efficienza energetica. Ce lo abbiamo nel dna. Produciamo molto anche nelle fonti rinnovabili anche se questo sviluppo è stato creato costruendo un business finanziario non sempre efficiente.

Cosa serve, dunque, per governare questo passaggio tecnologico?
L’avvento del nuovo manufatturiero, la sfida ambientale e quella delle scienze delle vita richiedono che al centro ci sia un forte sviluppo degli investimenti. Per questo è necessario individuare i migliori strumenti per favorire gli investimenti privati e pubblici anche nel settore ambientale. Ora entriamo in campagna elettorale e si comincia già a parlare di taglio delle tasse. Come contribuente sono contento, ma quello che serve al Paese è che questo taglio delle tasse favorisca gli investimenti.

Come?
Bisogna agevolare interventi selettivi e mirati per favorire gli investimenti privati, come nel caso del pacchetto industria 4.0 dove ci sono il credito di imposta e gli ammortamenti o come avviene con l’ecobonus previsto nella manovra. Allo stesso tempo bisogna allocare al meglio gli investimenti pubblici lavorando sui tempi di «attraversamento» della Pa.

E poi cosa altro serve?
Serve maggiore consapevolezza da parte di tutti. Faccio l’esempio della Sen, nell’ambito della quale ci impegniamo a rispettare accordi internazionali che ci chiedono dei risultati concreti sul fronte dell’impatto ambientale. Se vogliamo arrivare alla decarbonizzazione della produzione elettrica entro il 2025 dobbiamo essere consapevoli che nel frattempo dobbiamo costruire infrastrutture di transizione come quelle sul gas. E dobbiamo crederci sul serio: non si può dire che non si vuole il carbone e il gas o magari si dice sì alle rinnovabili ma non vicino a casa mia. Se nelle Regioni, nei comuni o negli enti locali prende il sopravvento la sindrome Nimby si mette in discussione l’obiettivo che ci siamo dati come Paese e si cavalca solo il rifiuto della modernità.

Come si raggiunge questa consapevolezza?
Fissando una lista precisa e trasparente di infrastrutture e semplificazione che servono al Paese. Perché questa fase di transizione va vissuta non con una visione tattica, ma strategica. Non è una partita ambiente contro industria: si gioca insieme per sviluppare le tecnologie del futuro con le sfide per l’ambiente che possono diventare una occasione per lo sviluppo.

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