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Pensioni, l’asse tra Cgil e sinistra in alternativa al Pd

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analisi

Pensioni, l’asse tra Cgil e sinistra in alternativa al Pd

A Palazzo Chigi il Governo presenta ai sindacati il piano sulle pensioni
A Palazzo Chigi il Governo presenta ai sindacati il piano sulle pensioni

Un pacchetto «rilevante e sostenibile» nell’ambito delle limitate risorse consentite da questa legge di bilancio. L’appello del premier Paolo Gentiloni ai sindacati confederali affinché approvassero la soluzione sulle pensioni messa a punto dal governo – ossia confermare l’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni dal 2019 non mettendo a rischio i conti pubblici e contemporaneamente individuare esenzioni per limitate categorie di lavori “usuranti” – è stato accolto solo in parte: sì da Cisl e Uil e no dalla Cgil di Susanna Camusso, in una divaricazione che riporta ai tempi in cui il governo era presieduto dal centrodestra con Silvio Berlusconi.

La concertazione ripresa da Gentiloni dopo gli anni di gelo con i sindacati di Matteo Renzi non è bastata dunque a convincere Camusso. Che, ribadendo il suo giudizio di «grande insufficienza» del pacchetto di misure proposto da governo, ha confermato una prima mobilitazione del suo sindacato per il 2 dicembre. In concomitanza - e questo è l’importante risvolto politico della vicenda pensioni - con la kermesse dei bersaniani di Mdp del 3 dicembre che lancerà la nuova “cosa rossa” in alternativa e in competizione con il Pd alle prossime elezioni politiche.

La questione delle pensioni, così come il voto che ci sarà tra breve in Senato sulla legge di bilancio, è dunque usata da sindacato e sinistra per rinsaldare l’asse di una nuova forza politica e sociale di opposizione al Pd e alle sue politiche di governo degli ultimi anni. Se poi la formazione politica a sinistra del Pd dovesse essere guidata, come sembra, da un personaggio di peso come il presidente del Senato Pietro Grasso l’appello al voto utile rischia di non sortire l’effetto sperato, con un drenaggio di voti dalla coalizione di centrosinistra alla sinistra alternativa che avrebbe il solo effetto di perdere la partita con il centrodestra nei collegi uninominali.

Un asse, quello con la Cgil, che evidentemente serve ai bersaniani ormai usciti dal Pd anche come ancoraggio organizzativo in vista delle prossima campagna elettorale. Assieme alla questione del lavoro - in questi giorni uno dei leader di Mdp, il bersaniano Roberto Speranza, sta rilanciando con forza il tema dell’articolo 18 da renitrodurre - le pensioni sono dunque il cuore della nuova alleanza di sinistra. In un clima, per di più, in cui prevale in generale un corteggiamento dei pensionati da parte di tutte la forze politiche: basta pensare alla promessa di mille euro per tutti gli anziani rilanciata da Berlusconi e dalla contrarietà all’innalzamento dell’età pensionabile espressa a più riprese dal M5S.

In un Paese in cui gli anziani sono più numerosi dei giovani lavoratori e in cui sono la categoria più presente alle urne è una saldatura che mette in serio pericolo il sistema pensionistico e la tenuta dei conti pubblici. Oltre ad alimentare la tendenza populista delle forze politiche, perché evidentemente si fanno promesse che difficilmente potranno essere mantenute una volta assisi sulla poltrona di Palazzo Chigi. Con la conseguenza paradossale di lasciare solo il Pd a guida renziana a difendere una riforma, quella della Fornero, che fu votata in Parlamento dal Pd di Pier Luigi Bersani mentre Renzi era semplicemente sindaco di Firenze. E mantenere la barra del riformismo, si sa, non porta voti.

Per questo Renzi aveva proposto di posticipare la decisione dell’innalzamento dell’età pensionabile a dopo le elezioni. Una soluzione che non sarebbe stata una soluzione, evidentemente. Ma l’episodio dice tutta la difficoltà per il Pd di mantenere la barra del riformismo tra la propaganda populista da una parte e il rinsaldarsi di un asse sociale e politico che si rifà alla sinistra tradizionale dall’altra. C’è da aspettarsi, da qui alle elezioni, qualche scivolata.

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