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Cig in calo, ma le domande di disoccupazione restano elevate

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i dati inps

Cig in calo, ma le domande di disoccupazione restano elevate

Nei primi 10 mesi dell'anno, gennaio-ottobre, la richiesta di cassa integrazione da parte delle imprese si conferma in calo: ci si attesta su 302 milioni di ore, in riduzione del 39,86 per cento rispetto ai 503 milioni di ore di Cig autorizzate dall'Inps nello stesso periodo. A scendere giù, nel tendenziale, è sia la Cigs, la cassa integrazione straordinaria, utilizzata per le crisi più complesse, -45,56 per cento nell'industria; sia la Cigo, la cassa integrazione ordinaria, a cui si accede per difficoltà temporanee, -25,32 per cento (-30 per cento nel manifatturiero).

Tiraggio della cassa integrazione in calo
Tutto bene così? La situazione è in realtà in chiaroscuro. Buona parte della riduzione della richiesta di Cig è dovuta all'esaurimento della possibilità di utilizzare lo strumento, complice il giro di vite sulle durate e l'aggravio di costi per gli imprenditori operato dal Jobs act. Chi ha finito i mesi di Cig nel quinquennio previsto dalle nuove regole, non può più chiederne altri. Certo, una iniziale ripresa economica è in atto. Ciò è indiscutibile. Ma le crisi aziendali non sono sparite: ne è testimonianza il dato di ottobre. Con una crescita, sul mese, sia della Cigo sia della Cigs (quest'ultima addirittura, +116,2 per cento).
Che la situazione presenti luci e ombre lo dimostrano, pure, due ulteriori dati, forniti sempre dall'Inps nella pubblicazione appena uscita. Il tiraggio, vale a dire l'effettivo utilizzo della cassa integrazione, è in calo: nel periodo gennaio-agosto è fermo al 32,38 per cento. Nello stesso periodo 2016 era al 43,41 per cento; nel 2015 al 53,08 per cento. Ciò significa che si chiede Cig in modo meno massiccio, e si utilizza all'occorrenza.

Negativo il dato sulle domande di disoccupazione
È invece negativo il dato sulle domande di disoccupazione: a settembre si sono attestate a ben 218.003 istanze, lo stesso livello di settembre 2016 (218.028). È da diverso tempo che le domande di Naspi rimangono su valori elevati, oltre le 150mila, e che non accennano a contrarsi. Anche qui, probabilmente, un segnale che, sì, c’è maggiore partecipazione nel mercato del lavoro per effetto della ripartenza, ma ci sono pure aziende in difficoltà che rinunciano al personale.

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