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Nelle logge 193 soggetti coinvolti in fatti di mafia tra Sicilia e Calabria

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la Relazione della commissione parlamentare

Nelle logge 193 soggetti coinvolti in fatti di mafia tra Sicilia e Calabria

Dal 1990 a fine 2016 tra gli affiliati alle logge massoniche di Sicilia e Calabria ci sono stati ben 193 soggetti con precedenti penali per fatti di mafia.
È questa una delle principali conclusioni alla quale è giunta la Commissione parlamentare antimafia che ha appena approvato la relazione conclusiva su “Mafia e massoneria”.

Per la gran parte i procedimenti si sono chiusi con decreto di archiviazione, proscioglimento o sentenza di proscioglimento per morte del reo, rimanendo comunque il fatto, si legge nella relazione, che «un consistente numero di iscritti è stato coinvolto in procedimenti per gravi delitti».

Sei sono i soggetti che hanno riportato una condanna definitiva per 416 bis mentre otto sono stati condannati a vario titolo in via definitiva per traffici di stupefacenti, ricettazione, falso, bancarotta fraudolenta o sono stati destinatari in via definitiva di misure di prevenzione personali e dunque indicative della pericolosità sociale (semplice o qualificata).

Per nove soggetti è in corso il processo in primo grado o in appello (uno è già stato condannato a 12 anni in primo grado).

L’analisi della Commissione
Ricordiamo che le Fiamme gialle hanno analizzato gli elenchi dei massoni calabresi e siciliani (dal '90 ad oggi) sequestrati il 1° marzo nelle sedi di quattro obbedienze massoniche: Grande oriente d'Italia (Goi), Serenissima gran loggia d'Italia, Gran loggia d'Italia degli Antichi liberi accettati muratori e Gran loggia regolare d'Italia (Glri). Sequestri effettuati - a seguito di accuratissime perquisizioni - con decreto firmato da Rosy Bindi, presidente della Commissione parlamentare antimafia.

«Queste risultanze giudiziarie – si legge nella relazione – comunque preoccupanti anche al di là dell'esito dei procedimenti, hanno indotto a svolgere un ulteriore approfondimento sui 193 soggetti, al fine di verificarne quale fosse il ruolo ricoperto all'intero delle logge di appartenenza, nonché come queste ultime si fossero comportate una volta venute a conoscenza che alcuni “fratelli” erano stati investiti fa indagini per fatti di mafia o per gravi reati, atteso che tutti i gran maestri hanno affermato di esercitare rigorosi controlli interni».
Ebbene, oltre ai sei soggetti con sentenze definitive per 416 bis , su ulteriori 25 posizioni relative a soggetti condannati per gravi reati o con procedimenti in corso per 416 bis o per fatti aggravati dall'articolo 7 delle legge 152/91, 12 risulterebbero tuttora iscritti e attivi, di cui «10 presso logge del Grande oriente d'Italia, uno con una domanda di regolarizzazione presentata presso una loggia calabrese del Goi e membro del consiglio regionale della Calabria dal 2005 al 2010, il che fa desumere che fosse a quei tempi quantomeno pienamente iscritto ad altra obbedienza; uno, imprenditore agricolo, presso una loggia calabrese della Glri».

Degli altri soggetti “non attivi”, ne risulterebbero tre in congedo (Gli), un altro depennato nel 1997 (Goi Sicilia), uno “in sonno” dal 1994 del Goi Sicilia, due espulsi nel 201e e nel 2013 dalla Gli della Calabria e infine tre sospesi cautelativamente (della Gli Calabria) e due in congedo.

La Commissione parlamentare presieduta di Rosy Bindi nota che dei sei soggetti condannati in via definitiva per fatti di mafia, cinque sono o sono stati iscritti al Grande oriente d'Italia (Goi).

Stando agli elenchi estratti risulterebbe che due dei condannati per mafia (un pensionato e un commercialista), sarebbero tuttora iscritti e attivi nell'obbedienza massonica di appartenenza. Altri due sarebbero “bussanti” da oltre un decennio mentre un quinto sarebbe un medico e tutti sarebbero sospesi a tempo indeterminato (l'uso del condizionale è continuo in questa parte della relazione) Il sesto è un consulente finanziario iscritto alla Serenissima (Sglri) e sarebbe stato depennato d'ufficio nel 2005.

«Tale dato – si legge nella relazione – che si riferisce ai soli nominativi compiutamente identificati assume significativi profili di inquietudine considerato che 193 soggetti, così come segnalati dalla Direzione nazionale antimafia, hanno avuto modo di operare nelle obbedienze massoniche e così segnalando una mancata o quanto meno parziale efficacia delle procedure predisposte dalle varie associazioni per la selezione preventiva dei propri membri. Inoltre, al di là delle condanne o dei procedimenti in corso per gravi reati e al di là dell'appartenenza alle singole obbedienze, non può sottacersi che nell'ambito dei 193 soggetti segnalati, molti dei quali incensurati, a fronte di 35 pensionati e 0tto disoccupati, vi sono numerosi dipendenti pubblici. Le categorie professionali prevalenti sono avvocati, commercialisti, medici e ingegneri. Presenti in numero rilevante anche soggetti impiegati nel settore bancario, farmaceutico e sanitario, nonché imprenditori dei più diversi settori, in primis quello edile».

Le prime reazioni: M5S
Il primo a prendere posizione sulla relazione è stato il M5S. «Abbiamo votato favorevole perché è il punto di partenza di un'indagine che deve essere approfondita ulteriormente. Un punto di partenza in merito ad un problema grave e sottovalutato. Le infiltrazioni mafiose sono vaste e onnipresenti e coinvolgono tutti i campi, anche e soprattutto quello della massoneria dove diventano opachi e confusi i confini tra infiltrazioni quindi qualcosa che non si vuole e contiguità di intenti invece tra logge coperte e mafiosi. Centinaia i condannati per reati di mafia presenti negli elenchi degli iscritti sia in Sicilia che in Calabria, senza contare reati come la corruzione, contro la pubblica amministrazione. La massoneria sembra sottovalutare il pericolo dei radicamenti mafiosi. Le mafie hanno infiltrato le logge e le usano per i loro scopi, l'indagine su questo punto è chiara. Le logge non possono e non devono più godere di privilegi che impediscono all'autorità giudiziaria di poter accedere agli elenchi dei suoi iscritti, perché se il fine è medesimo cioè debellare le infiltrazioni mafiose, allora ci può essere collaborazione, ma se invece vengono solo frapposti ostacoli, cambia completamente l'unità d'intenti che si pone su due vie totalmente diverse e distanti».

r.galullo@ilsole24ore.com

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