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Campagna elettorale al via, il seggio «costa» fino a 72mila euro

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verso le elezioni politiche

Campagna elettorale al via, il seggio «costa» fino a 72mila euro

Una campagna low cost. Con sinergie di partito tra candidati dell’uninominale e dei collegi plurinominali, con strategie nazionali mirate a pubblicizzare il simbolo del partito più che i singoli candidati e con lo sfruttamento massimo dei media “a costo zero” come la tv e i social. Così si preannuncia la campagna elettorale per le elezioni politiche di marzo che comincerà ufficialmente da qui a un mese. Se si considera che la spesa accertata dalla Corte dei conti per le politiche 2013 fu di 45,4 milioni (già più che dimezzati rispetto ai 110,1 milioni del 2008) tutto fa pensare che nel 2018 si resterà sotto questo target.

Campagna low cost
I partiti stanno mettendo a punto i loro budget ma – complici i conti in rosso e il drastico taglio dei rimborsi elettorali – le risorse in cassa sono per tutti esigue. Alcuni aspetti del Rosatellum però aiutano a programmare una campagna “a basso volume di spesa”. «Rispetto al Consultellum che conservava il sistema delle preferenze al Senato – fa notare Pino Pisicchio, parlamentare di lungo corso e con molte campagne elettorali alle spalle – con il Rosatellum si spenderà il 70% in meno». Nel 2013 il Pdl spese 12 milioni di euro e il Pd 10 milioni. Difficile ipotizzare cifre così alte per questa tornata elettorale. Numeri diversi, ma stesso orientamento, anche per i partiti più piccoli. Spiega Marco Marsilio, tesoriere di Fratelli d'Italia: «Nel 2013 abbiamo speso circa 1,5 milioni . Nel 2018 l’obiettivo di partenza è avvicinarsi il più possibile a quelle cifre, chiedendo soprattutto ai candidati di punta, come i capilista nei collegi plurinominali, quelli che hanno più chance di essere eletti, di dare un loro contributo». Il tesoriere di Ap, Paolo Alli, aggiunge: «Uno-due milioni di spesa è veramente la cifra minima. Per avere una visibilità adeguata su base nazionale servirebbero 4-5 milioni».

Candidati “in squadra”
«La nuova legge elettorale - aggiunge Maurizio Gasparri (Fi) – dà la possibilità all’interno di un partito di fare squadra. Questo riguarderà i candidati nei collegi uninominali di Camera e Senato ma anche quelli dei collegi plurinominali: sarà possibile fare manifestazioni di gruppo e dunque abbattere i costi. All’interno della coalizione invece la concorrenza sarà inevitabile». «Per come è congegnato il Rosatellum e per l’assenza del voto disgiunto – riflette Margherita Miotto, deputata Pd, protagonista di diverse campagne elettorali, anche locali – penso che la campagna elettorale sarà indirizzata verso il simbolo del partito più che verso i candidati. Per il resto, immagino che, come già in passato, il partito chiederà un contributo ai candidati in posizione utile per essere eletti».

Anche Miotto concorda sulla strategia “di squadra” che, a suo avviso, si può usare all’interno di ogni circoscrizione, dove ogni partito può riunire insieme tutti i candidati dei collegi di Camera e Senato e fare sinergia su manifestazioni pubbliche e volantini. Secondo Alli la situazione cambierà da partito a partito: «Quelli che possono sperare di arrivare al 15% potranno ottenere nelle liste dei collegi plurinominali un contributo al partito non solo da parte dei capilista, ma anche dagli altri candidati visto che anche loro avranno probabilità di essere eletti. Nei partiti più piccoli, sarà probabilmente solo il candidato primo della lista a contribuire. Per i partiti più piccoli (quelli fuori dai tre poli) anche nei collegi uninominali è probabile che il candidato, sapendo che ha pochissime probabilità di essere eletto, spenderà poco o nulla».

I tetti di spesa
A “calmierare” i costi contribuiranno poi i “tetti” di spesa previsti per legge. Per i singoli candidati il limite è di 52mila euro per ogni circoscrizione o collegio (più un'aggiunta di 0,01 euro per ogni residente nelle circoscrizioni o collegi in cui il candidato si presenta). Visto che alla Camera un collegio uninominale ha in media 250mila abitanti (500mila al Senato) e un milione quello plurinominale (2 milioni al Senato), i tetti di spesa per gli aspiranti deputati si aggirano attorno ai 54.500 euro nell'uninominale e 62mila euro nei collegi plurinominali (per i senatori rispettivamente 57mila euro nell'uninominale e 72mila euro nei collegi plurinominali). Quanto ai partiti, possono spendere 1 euro per ogni iscritto nelle liste elettorali delle circoscrizioni o collegi in cui presenta le proprie candidature. Limiti di spesa che, tuttavia, fanno storcere il naso a molti. «Un collegio uninominale Camera del Rosatellum è grande mediamente il doppio di un collegio del Mattarellum – riflette Gasparri – e un collegio uninominale Senato vale 4 collegi del Mattarellum, logica vorrebbe che anche i tetti di spesa venissero aggiornati con un aumento».

Tv e social
La raccomandazione dei tesorieri è: «Zero spesa, massima resa». Ergo, si cercherà di sfruttare al massimo i social network e la televisione. Sebbene i talk show televisivi abbiano accusato una caduta di ascolti, i vertici dei partiti sono convinti che essi torneranno ad alti indici di audience quando si sarà in piena campagna elettorale. Da queste arene a costo zero i leader puntano a raggiungere il grande pubblico più che con i tradizionali 6x3, troppo costosi per le esangui casse dei partiti. «Per la pubblicità si farà ricorso anche alle tv locali – scommette Pisicchio -. D’altronde queste emittenti guardano alle elezioni come ad una lauta fonte di guadagno. La spesa dei partiti mette in moto una vera e propria “economia elettorale” che ora si è spostata anche online».

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