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I «nuovi» poteri di Gentiloni e il peso delle urne

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POLITICA 2.0

I «nuovi» poteri di Gentiloni e il peso delle urne

Il Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni (Reuters)
Il Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni (Reuters)

Non solo il bilancio del suo Governo ma anche il traguardo di aver portato a termine una legislatura già nata con il trauma di un cortocircuito politico, la nascita delle larghe intese, il bis a Giorgio Napolitano e poi, un anno fa, l’altro trauma, quello della sconfitta referendaria. L’Esecutivo di Paolo Gentiloni nasce così, con l’obiettivo di concludere ordinatamente cinque anni cominciati disordinatamente, senza più la bussola del bipolarismo, con la novità di una terza forza – i 5 Stelle – che ha cambiato i connotati alla politica italiana, e sulle spalle il compito di rispettare gli impegni internazionali, con l’Europa, cercare di consolidare la crescita, sterilizzare l’aumento dell’Iva. Forse parlerà di questo nella conferenza stampa di oggi, di come è stato gestire un sentiero stretto finanziariamente e politicamente mentre d’intesa con il Colle si cercava di centrare un altro obiettivo: restare in sella senza che fosse sfiduciato, per tenere aperta un’uscita di sicurezza nel caso in cui – viste le nuove regole elettorali - non ci dovesse essere una maggioranza chiara.

Ecco, i “vecchi” poteri di Gentiloni si concludono oggi con lo scioglimento delle Camere ma la sua vita istituzionale non cambierà molto. La dizione costituzionale dice che resta in carica per l’ordinaria amministrazione e poi, quando dovrà dimettersi nel momento in cui si formeranno le nuove Camere - verosimilmente a fine marzo con il voto il 4 - resterà per il disbrigo degli affari correnti. Ma, appunto, non esiste un vuoto di potere a Palazzo Chigi e quindi restano fissati gli impegni europei e internazionali, l’appuntamento con la stesura del Def ad aprile - se non si sarà ancora formato un nuovo Esecutivo - inoltre gli sarà possibile fare decreti legge in caso di urgenza per fronteggiare eventi straordinari. E poi ci sono i dossier aperti di cui parla il ministro Calenda: Ilva e Alitalia. E ancora, a gennaio, la relazione annuale delle missioni all’estero in cui ci sarà anche l’invio di truppe in Niger, poi il 22 e 23 marzo vertice Ue per discutere la riforma dell’eurozona e infine, ma non ultima, la presidenza dell’Osce. Del resto, come spiegano illustri costituzionalisti la logica della Carta è questa: non ci deve mai essere un vuoto di governo.

C’è chi immagina una lunga proroga di Gentiloni, un incarico che si dilata fino a data da definirsi, sempre in caso di assenza di maggioranza e incapacità delle forze politiche di formare un Esecutivo nel nuovo Parlamento. Tutto vero. In caso di impasse toccherà a lui portarci a nuove elezioni tuttavia c’è un ma. Che nemmeno il premier sfuggirà al giudizio del voto. E non solo perché probabilmente avrà una sfida a un collegio uninominale, quindi si potrà contare il suo consenso, ma perché sulla sua permanenza - per quanto da dimissionario - avrà un’influenza e peserà il risultato del suo partito, il Pd. Dunque, si dovranno fare i conti con le urne e molto dipenderà da come gestirà la campagna elettorale da una “postazione” in cui dovrà garantire un profilo istituzionale oltre che di parte. Insomma, chi immagina un Gentiloni che arriva perfino a gestire una prossima legge di bilancio, salta un passaggio fondamentale, che anche per il premier il 4 marzo sarà un “giorno del giudizio”.

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