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5/10 LAVORO / Un mondo alla prova di costi e tecnologia

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    Dieci parole per capire meglio la campagna elettorale

    Sessanta giorni di campagna elettorale. Da oggi, 2 gennaio, alla mezzanotte di venerdì 2 marzo, quando la tregua prima del voto dovrebbe sospendere proclami e promesse. Il decreto di scioglimento delle Camere e il messaggio di fine anno del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, con il richiamo alla necessità di promesse realistiche dei partiti necessarie per arrivare a un voto consapevole, hanno fissato altri due punti fermi.
    Il rischio concreto è, però, che la caccia al consenso passi da un confronto giocato su parole d’ordine confuse, utilizzate con l’unico scopo di recuperare consensi o, peggio, di screditare gli avversari. Sovranismo e populismo, immigrazione e millennials, fake news e povertà, per fare solo alcuni esempi, hanno fatto da giorni ingresso nell’agenda della politica. E non sempre le parole vengono usate con chiarezza e responsabilità.
    Il quadro complessivo non aiuta. Ripresa certa, ma non percepita da tutti. Diffidenza verso il principio di rappresentanza. Fratture generazionali e territoriali. Proposte senza valutazioni effettive sui costi (si veda l’appronfondimento di pagina 3). Difficoltà dei ragazzi del ’99 (1999) a trovare risposte nella politica alle proprie domande. Nuovo sistema elettorale alla prova. Tutte situazioni che potrebbero spingere a un confronto esasperato. Da qui la scelta di affidare ai commentatori del Sole 24 Ore la definizione di dieci temi, dieci parole, destinate a diventare centrali nel dibattito delle prossime settimane. Per evitare la confusione delle lingue e dare una mano a chi, per deliberare, vuole davvero conoscere. (j.m.d.)

    5/10 LAVORO / Un mondo alla prova di costi e tecnologia

    Berlusconi l’aveva promesso. Renzi e Gentiloni l’hanno realizzato. Ma, per paradosso, quel milione di posti di lavoro non sono un bonus valevole sul mercato politico: non sono stati credibili nella campagna elettorale e non sono “visibili” oggi nella percezione comune di un Paese ad alta diseguaglianza e ancora in difficoltà, pur se in ripresa. Per questo il tema lavoro sarà ancora una volta una delle parole chiave più rilevanti: anche perché lavoro significa giovani, reddito, ruolo sociale, riscatto personale e pubblico, senso della cittadinanza. Significa poi libertà, sia essa libertà dal bisogno come libertà dai padrinaggi di ogni risma. Tutto, insomma. Tutto quanto è fondamentale in una democrazia moderna e prospera.

    Il jobs act ha funzionato ma va migliorato. Lavoro e formazione-istruzione ancora non si parlano; mancano programmi di adattamento e strumenti efficaci per dare senso compiuto all’“alternanza scuola-lavoro”. C’è un oceano per programmi politici seri e concreti. Anche perché ormai occorre far dialogare anche uomini e robot e la frontiera tecnologica si è spostata là dove finora solo il cinema l’aveva potuta immaginare. Nel paese più vecchio del mondo la staffetta giovani-anziani non può non essere una priorità: il lavoro è competenza ed esperienza e i senior possono diventare altrettanti tutori di giovani in caccia di segreti del mestiere. È un campo da esplorare.

    Lavoro significa anche cuneo fiscale: è il male antico delle buste paga italiane che distanziano in modo anomalo la retribuzione netta del lavoratore dal costo del lavoro lordo a carico dell’impresa. Una soluzione strutturale è auspicabile e possibile ora che l’Italia sta ripartendo e rende disponibili nuove risorse. È un campo importante anche per le parti sociali e per la loro fantasia negoziale.
    Infine, il mondo ideale diventa quello dove “lavoro” non è più una parola chiave perché finalmente si è capito che il lavoro si crea con le imprese e con le idee. Quindi nel vocabolario ideale della crescita, alla voce “lavoro” ci sarà scritto: vedi alla voce investimenti.

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