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4/10 LOTTA ALLA POVERTÀ / Reddito di inserimento come punto di partenza

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    Dieci parole per capire meglio la campagna elettorale

    Sessanta giorni di campagna elettorale. Da oggi, 2 gennaio, alla mezzanotte di venerdì 2 marzo, quando la tregua prima del voto dovrebbe sospendere proclami e promesse. Il decreto di scioglimento delle Camere e il messaggio di fine anno del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, con il richiamo alla necessità di promesse realistiche dei partiti necessarie per arrivare a un voto consapevole, hanno fissato altri due punti fermi.
    Il rischio concreto è, però, che la caccia al consenso passi da un confronto giocato su parole d’ordine confuse, utilizzate con l’unico scopo di recuperare consensi o, peggio, di screditare gli avversari. Sovranismo e populismo, immigrazione e millennials, fake news e povertà, per fare solo alcuni esempi, hanno fatto da giorni ingresso nell’agenda della politica. E non sempre le parole vengono usate con chiarezza e responsabilità.
    Il quadro complessivo non aiuta. Ripresa certa, ma non percepita da tutti. Diffidenza verso il principio di rappresentanza. Fratture generazionali e territoriali. Proposte senza valutazioni effettive sui costi (si veda l’appronfondimento di pagina 3). Difficoltà dei ragazzi del ’99 (1999) a trovare risposte nella politica alle proprie domande. Nuovo sistema elettorale alla prova. Tutte situazioni che potrebbero spingere a un confronto esasperato. Da qui la scelta di affidare ai commentatori del Sole 24 Ore la definizione di dieci temi, dieci parole, destinate a diventare centrali nel dibattito delle prossime settimane. Per evitare la confusione delle lingue e dare una mano a chi, per deliberare, vuole davvero conoscere. (j.m.d.)

    4/10 LOTTA ALLA POVERTÀ / Reddito di inserimento come punto di partenza

    In Italia 4,7 milioni di persone vivono in povertà assoluta. È la vera e propria indigenza, cioè una condizione segnata dalla mancanza delle risorse economiche necessarie per conseguire uno standard di vita definito dall’Istat “minimamente accettabile” (legato ad alimentazione, abitazione, vestiario, trasporti e così via). Nell’ultimo decennio la diffusione è salita, percentualmente, dal 3,1% (2007) all’attuale 7,9% della popolazione. Oggi la presenza della povertà aumenta al diminuire dell’età delle persone, solo tra gli anziani si è ridotta rispetto al passato, e riguarda in misura significativa anche fasce della società ritenute prima “al sicuro”, come il nord e le famiglie con occupati. Politiche di contrasto alla povertà sono state richieste - da più parti - sin dagli anni 90 senza trovare ascolto dai vari Esecutivi via via succedutisi, fino a questa legislatura. I Governi Renzi e Gentiloni, infatti, hanno introdotto la prima misura nazionale rivolta a chi è in povertà assoluta, il Reddito d’Inclusione (Rei). Il Rei costituisce un diritto per chiunque si trovi di sotto di determinate soglie economiche, e si articola in un contributo monetario accompagnato dalla possibilità di fruire di percorsi d’inserimento sociale e lavorativo predisposti dai servizi del welfare locale, con la regia dei Comuni.

    Il Rei rappresenta tanto una rottura con il passato quanto una risposta ancora parziale. Due gli aspetti da potenziare. Primo, la copertura: la misura è destinata a 2,5 milioni di poveri – quelli in peggiori condizioni economiche - rispetto al totale di 4,7. Secondo, gli importi dei contributi monetari: le cifre attuali non sono, al momento, sufficienti per uscire dalla povertà.

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