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6/10 MILLENNIALS / Stop all’«apartheid» con la leva digitale

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    Dieci parole per capire meglio la campagna elettorale

    Sessanta giorni di campagna elettorale. Da oggi, 2 gennaio, alla mezzanotte di venerdì 2 marzo, quando la tregua prima del voto dovrebbe sospendere proclami e promesse. Il decreto di scioglimento delle Camere e il messaggio di fine anno del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, con il richiamo alla necessità di promesse realistiche dei partiti necessarie per arrivare a un voto consapevole, hanno fissato altri due punti fermi.
    Il rischio concreto è, però, che la caccia al consenso passi da un confronto giocato su parole d’ordine confuse, utilizzate con l’unico scopo di recuperare consensi o, peggio, di screditare gli avversari. Sovranismo e populismo, immigrazione e millennials, fake news e povertà, per fare solo alcuni esempi, hanno fatto da giorni ingresso nell’agenda della politica. E non sempre le parole vengono usate con chiarezza e responsabilità.
    Il quadro complessivo non aiuta. Ripresa certa, ma non percepita da tutti. Diffidenza verso il principio di rappresentanza. Fratture generazionali e territoriali. Proposte senza valutazioni effettive sui costi (si veda l’appronfondimento di pagina 3). Difficoltà dei ragazzi del ’99 (1999) a trovare risposte nella politica alle proprie domande. Nuovo sistema elettorale alla prova. Tutte situazioni che potrebbero spingere a un confronto esasperato. Da qui la scelta di affidare ai commentatori del Sole 24 Ore la definizione di dieci temi, dieci parole, destinate a diventare centrali nel dibattito delle prossime settimane. Per evitare la confusione delle lingue e dare una mano a chi, per deliberare, vuole davvero conoscere. (j.m.d.)

    6/10 MILLENNIALS / Stop all’«apartheid» con la leva digitale

    Riuscirà la politica, abitata da immigrati e tardivi digitali, a comprendere caratteri e problemi dei nativi digitali? E la società tecnologica renderà i giovani polli da batteria o protagonisti del cambiamento nell’era della discontinuità? Nel nostro Paese si è creata una situazione paradossale di apartheid giovanile, da cui una parte dei millennials cerca di evadere con una diaspora verso l’estero, in cerca di lavoro e fortuna. Paradossale perché nonostante i giovani siano in proporzione sempre meno e più scolarizzati che nel passato, non trovano lavoro. Molti politici, in cuor loro, pensano che la responsabilità sia degli stessi giovani perché sono stati abituati alle comodità e a ottenere tutto ciò che vogliono con l’ausilio di un’educazione familiare fallimentare, troppo protettiva e permissiva.

    A forza di posporre il passaggio al mondo adulto con i suoi obblighi stringenti, sarebbero bamboccioni dispersivi e narcisisti, neet nullafacenti, vittime di se stessi e di un presente tecnologico senza profondità, spiaggiati sui display dei loro digital device. Tuttavia, la loro singolarità è che la comunicazione digitale è la loro madrelingua. Per questo, lo sviluppo digitale del Paese dipende da essi. La marginalità che li ha colpititi negli anni 2000, soprattutto con la crisi, va dunque contrastata con urgenza. Scuola, formazione e lavoro sono i temi, con la tecnologia digitale a fare da sistema passante.

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