2/10 POPULISMO / La corsa al ribasso in risposta al disagio
La parola populismo nasce in Russia alla fine del 19mo secolo. Denomina un movimento politico che intende migliorare le condizioni di vita del popolo con una forma di socialismo rurale, antitetico alla burocrazia zarista e alle società industriali dell’Occidente. Col tempo diventa un concetto multiforme, che tende a essere assimilato alla demagogia e/o al leaderismo di un capo carismatico in presa diretta con le masse (peronismo).
Oggi è sostanzialmente una clava che, in Europa ma non solo, viene agitata un po’ da tutte le forze politiche tradizionali per demonizzare l’avversario: quando è un partito anti-sistema portatore delle istanze politiche più disparate e tendenzialmente sovversive dell’ordine costituito. Esempi: il separatismo del Nord ai tempi della nascita della Lega in Italia, il sovranismo nazionalista ed euroscettico del Fronte Nazionale di Marine Le Pen in Francia o dei promotori di Brexit in Gran Bretagna, il nazionalismo xenofobo di Geert Wilders in Olanda o del Fpo (al Governo) in Austria, i sussulti anti-euro e anti-migranti della tedesca Afd, della Lega attuale o del Movimento 5 Stelle. Si potrebbe continuare a lungo spostando lo sguardo a Est e a Nord.
I movimenti populisti fanno presa perché colgono i problemi concreti della gente, disagio socio-economico e migratorio, malessere anti-Ue, minimizzati o ignorati dai partiti di sistema. Che però ora fanno loro concorrenza nella speranza di recuperare il consenso perduto. E così la parola populismo definisce un concetto ancora più confuso e sfuggente.
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