Italia

Il test collegi dei 5 Stelle e il «casting» con volti noti

  • Abbonati
  • Accedi
L'Analisi|POLITICA 2.0

Il test collegi dei 5 Stelle e il «casting» con volti noti

La campagna elettorale dei 5 Stelle comincia a definirsi non solo sulle proposte più identitarie come quella lanciata ieri a Radio 1 sull’abolizione della legge Lorenzin sui vaccini – niente più obbligo ma raccomandazione – ma pure sulle facce che la interpreteranno. Non sarà un «casting» diceva Luigi Di Maio annunciando la presenza di nomi che sono «un patrimonio del Paese» nella squadra di governo e verranno svelati a febbraio o, comunque, prima del voto del 4 marzo. Intanto oggi cominciano le parlamentarie, cioè la selezione online dei candidati da parte degli iscritti, ma anche qui il capo politico del Movimento ha confermato che per i collegi uninominali verranno presentate «persone molto qualificate». Insomma, sarà vero che non si tratta di un casting ma sui nomi da giocare al tavolo delle elezioni, i 5 Stelle stanno facendo una scommessa molto diversa dalle elezioni del 2013. In quel momento, nonostante la forza fosse trainata da uno dei comici più popolari, lo slogan era «uno vale uno» e la novità, il valore aggiunto, era proprio l’essere gente comune, una forza fatta di “anonimi” e anche per questo in grado di aprire il Parlamento come «una scatoletta di tonno». Cinque anni dopo, non bastano più solo le votazioni online ma serve una prima fila di “eccellenze” da affiancare a chi arriva dal basso. E allora cos’è cambiato?

Sostanzialmente due cose. La prima è la legge elettorale, nel senso che il Rosatellum non ha solo una componente (prevalente) di proporzionale ma anche di maggioritario composto dai collegi uninominali che rappresentano la sfida più insidiosa per i 5 Stelle. Come si sa, sono gli unici a non fare alleanze prima delle elezioni – ma solo dopo – mentre la logica dei collegi è quella di favorire i candidati di coalizione perché su di loro si sommano i voti di più liste. Questo è il fianco scoperto e l’unica contromossa per non fallire può essere – appunto – quella di mettere personalità note che richiamino l’attenzione e la scelta sulla candidatura grillina nonostante la corsa in solitario. Nomi in grado di trainare anche il listino proporzionale perché non c’è il voto disgiunto.

L’altra ragione riguarda una delle critiche più frequenti ai 5 Stelle, che arriva da destra e da sinistra: l’essere privi di esperienze di governo o amministrative. Un punto di attacco che può essere respinto con la presentazione di una squadra di “competenti” come un asso da calare a ridosso del voto, in quel rush finale che spesso ha deciso vincitori e vinti. E intanto, sin da ora, Di Maio crea un’attesa su quella lista di “volti noti” che è pensata per dare un patrimonio di credibilità in più per Palazzo Chigi e acquisire più forza per chiedere l’incarico al Colle se saranno primi tra le forze politiche.

In effetti, nonostante l’attacco concentrico del Pd e del Cavaliere sull’incompetenza, nonostante la Raggi, i 5 Stelle restano primo partito nei sondaggi. Segno di un radicamento che non è ancora territoriale ma che è di natura sociale, culturale. Soprattutto al Sud, l’area dove il malessere è più forte, i grillini conservano una primazia che è quella che preoccupa Berlusconi. I nomi eccellenti invece sarebbero da spendere soprattutto nel Nord, dove c’è un tessuto imprenditoriale attento alle competenze e dove la sfida ai collegi è più dura.

© Riproduzione riservata