ROMA
«Sono totalmente a favore di un abbattimento delle tasse che sia sostenibile», mentre i tagli fiscali in deficit non sono «fattibili», perché metterebbero immediatamente il paese «in condizioni di fragilità» ed esposto alle reazioni dei mercati.
Alla sua prima apparizione, nel tardo pomeriggio di ieri al circolo Pd romano dell’Esquilino, il Padoan elettorale è indistinguibile dal Padoan ministro. Anche a costo di non seguire troppo fedelmente alcuni slanci come l’abolizione del canone Rai, su cui spande prudenza e chiede di «rovesciare il ragionamento». Riflettiamo prima sul ruolo fondamentale del servizio pubblico con un progetto culturale importante - propone -, e poi dedichiamoci al canone».
Padoan del resto è ancora inquilino a pieno titolo a Via XX Settembre, e termini e geografia della sua partita elettorale sono ancora tutti da definire, nonostante la presentazione del ministro come «romano e romanista» che con l’inevitabile riferimento calcistico ha scaldato l’applauso iniziale del centinaio di militanti presenti al circolo. Sul piano sostanziale, continua a essere piena la sintonia con «l’amico Moscovici», dopo che in mattinata il commissario Ue agli Affari economici aveva bollato come «controsenso» l’ipotesi (evocata dai Cinque Stelle) di sfondare il tetto del deficit al 3 per cento. Questa continuità, nelle tesi di Padoan, «non è una questione di rigorismo ma di responsabilità», di cui in un Paese ad alto debito come il nostro «sarebbe imperdonabile dimenticarsi»; un modo per chiudere la porta alle suggestioni di marca trumpiana di maxi-riforme fiscali finanziate col disavanzo, e più in generale alle «bacchette magiche» di cui si sta riempiendo il dibattito pre-voto.
E nel novero delle “bacchette magiche”, nell’ottica di Padoan, rientrano anche le forme di flat tax di cui si discute nel centrodestra. In sé, il concetto di tassa piatta ha “molte attrattive”, perché evoca la semplificazione del fisco e l’alleggerimento della sua pressione, ma anche «due problemi: la flat tax va finanziata, ed è regressiva e secondo me non va bene». L’attenzione, allora, andrebbe spostata sulla manutenzione e il miglioramento di alcune riforme, che per Padoan devono però restare inalterate «nei fondamentali».
È il caso del Jobs Act, su cui si possono migliorare gli incentivi fiscali senza però evitare di «rivendicare con orgoglio» gli effetti in termini di occupazione, e della previdenza, in cui la riforma Fornero va salvaguardata. Chi cerca piattaforme economiche rivoluzionarie, insomma, deve guardare altrove, e non c’è che l’imbarazzo della scelta.
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