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I corsi online uccideranno le università «fisiche»?

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I corsi online uccideranno le università «fisiche»?

(Marka)
(Marka)

Fa un po’ impressione scoprire che la miglior professione degli Stati Uniti, quella del data scientist, si impari da autodidatti sulle piattaforme online. Eppure è la verità: secondo il sondaggio 2017 State of Data Science & Machine Learning Survey, condotto su 16mila professionisti del settore, solo il 30% dei data scientist ha un bachelor in computer science (laurea triennale in informatica), e un altro 18% la triennale in matematica o statistica. Gli altri hanno imparato da soli online, frequentando da remoto i Mooc (“Massive Open Online Courses”).

Il fenomeno Mooc esiste da appena sei hanni, ma già sfoggia numeri più impressionanti di quelli del Bitcoin (e senza essere una bolla). Secondo i dati di Class Central, oltre 800 università mondiali - italiane comprese - hanno lanciato circa 8mila corsi online, con oltre 60 milioni di studenti ne hanno frequentato almeno uno. E il trend continua a essere in crescita. I nomi delle piattaforme più famose sono quelli della statunitense Cousera (unione di sei università Usa tra cui Stanford e Princeton, con 23 milioni di utenti registrati), di edX (quella del Mit di Boston e di Harvard, con 10 milioni di utenti), della cinese XuetangX (6 milioni), della britannica FutureLearn (5,3 milioni) e di Udacity (4 milioni). I Mooc tra l’altro hanno costi ridotti, quando non sono completamente gratuiti.

La domanda centrale oggi è: le università “fisiche” in futuro rischiano di essere sorpassate dalla loro versione virtuale? I Mooc hanno diversi vantaggi rispetto alle classi fisiche: permettono per esempio di studiare con tempi personalizzati e sono scalabili, ossia possono “ospitare” un numero di studenti molto più elevato degli atenei tradizionali. Di più: vanno nella direzione di “democratizzare” l’istruzione anche per chi non è in grado di frequentare le costose università statunitenti o di studiare nei buoni atenei in Europa. Ma soprattutto i Mooc sembrano molto più al passo di tempi in cui il mercato del lavoro (e delle competenze professionali) cambia alla velocità della luce. E in cui, come annunciano i futurologi, dovremo cambiare completamente occupazione più volte nella nostra vita.

Il dibattito sul futuro dell’online education si intensifica. Il ministero dell’Istruzione britannico ha dedicato al tema un report, notando come i Mooc stiano diventando sempre più sofisticati dal punto di vista tecnologico (con abbondanza di grafici, video e animazioni) e sempre più ricchi di interazioni sociali “a distanza”.

Un sondaggio condotto nel 2014 dall’Harvard Business Review su 26mila corsisti che hanno terminato un corso di e-learning di Coursera ha però rivelato che solo in un caso su quattro il Mooc ha aiutato a trovare un nuovo posto di lavoro o a fare carriera. Secondo Tarun Kumar, studente indiano che ha alle spalle diversi Mooc di Coursera e Udacity, passerà ancora molta acqua sotto i ponti prima che le società tecnologiche valutino l’e-learning più di una laurea tradizionale.

La sensazione è che l’istruzione a distanza - fino a oggi sostanzialmente complementare a quella classica - stia evolvendo verso un modello più sofisticato. Non resterà gratuita a lungo: probabilmente si andrà verso un e-learning almeno in parte a pagamento, anche perché secondo Dhawal Shah, fondatore di Class Central, mettere in piedi un buon corso online ormai costa 60-80mila dollari. Già oggi per esempio i “nanodegree” offerti da Udacity - sviluppati assieme a Google, Amazon e Ibm - costano alcune centinaia di dollari.

Attenzione però perché i Mooc del futuro, lungi dal rimanere rigidi come quelli attuali, avranno un alto grado di personalizzazione grazie all’analisi in tempo reale dei feedback degli studenti (e più in generale dei big data). Per il momento, tuttavia, l’istruzione a distanza sembra ancora molto lontana dall’insidiare il valore formativo e professionale di una buona laurea in una buona università “fisica”. Per il momento.

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