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Le promesse a famiglie e imprese e il taglio degli sconti fiscali

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Tax expenditures

Le promesse a famiglie e imprese e il taglio degli sconti fiscali

Caccia aperta alle tax expenditures. Il taglio degli sconti fiscali emerge esplicitamente da quasi tutti i programmi dei partiti, con funzione di copertura delle tante promesse sull’abbattimento del carico fiscale su famiglie e imprese.

Il centrodestra, ad esempio, conta di coprire una parte degli oneri della flat tax tagliando le agevolazioni fiscali senza toccare le detrazioni per lavoro dipendente e pensionati, i carichi familiari e gli interessi sui mutui prima casa. Il Pd sembra puntare a uno “scambio” tra la stabilizzazione di sconti che al momento trainano gli investimenti, come super e iper ammortamento, e altri incentivi alle imprese in scadenza o che hanno perso ormai efficacia. Una strategia simile quella di M5S che più volte ha dichiarato di voler utilizzare in campo energetico i 18 miliardi di sussidi fin qui destinati alle fonti fossili per sostenere invece le “rinnovabili”.

Obiettivi fin troppo facili da indicare ma non semplice da realizzare come dimostra la storia, cominciata sette anni fa, dei ripetuti tentativi di disboscamento della giungla delle tax expenditures, rimasti tutti sulla carta. Si è partiti nel 2011 con la commissione Vieri Ceriani che arrivò a censire 720 agevolazioni fiscali per un valore di 253,7 miliardi. Nello stesso anno il Governo Berlusconi ricorse a una clausola di salvaguardia imperniata sul taglio degli sconti fiscali. Ma la “potatura” è rimasta al palo così come con i Governi Monti e Letta. Con una sola eccezione: l’abolizione dell’Iva agevolata per la “pausa caffé”. Si arriva all’esecutivo Renzi che fa rientrare il taglio degli sconti fiscali nell’alveo della spending review affidando il compito a Roberto Perotti, che ipotizzò un taglio da 1,5 a 3 miliardi. Ma con lo stop di Renzi Perotti si dimise.

Con Pier Carlo Padoan al timone del Tesoro il riordino delle agevolazioni fiscali rispunta sistematicamente al momento del varo di ogni Def e Pnr, compreso l’ultimo messo nero su bianco dal governo Gentiloni. Ma il risultato resta lo stesso nonostante l’istituzione al Mef di un’apposita commissione presieduta da Mauro Marè. Che con il primo rapporto elaborato nel 2016, attraverso un nuovo meccanismo di selezione delle agevolazioni, ha censito 444 voci. Nel frattempo la Corte dei conti, utilizzando il vecchio metodo di monitoraggio, aveva però fatto notare che le tax expenditures non diminuivano ma, al contrario, crescevano: dal 2011 al 2016 si era passati da quota 720 a 799 per un costo attorno ai 313 miliardi di euro. Anche l’Upb (2015) si è soffermato su questo tema rilevando 282 voci tra quelle censite da Marè ed evidenziando che le maggiori perdite di gettito si concentravano in cinque settori: edilizia e mercati immobiliari (12,9 miliardi), mercati finanziari (7), trasporti (3,5), sanità (3,1) e agricoltura (1,7). E proprio trasporti e agricoltura apparivano i settori maggiormente indiziati di una razionalizzazione. Ultima tappa il secondo rapporto della commissione Marè (2017) che, con la nuova classificazione, fa salire a 468 le agevolazioni censite (54,5 miliardi), poi ulteriormente lievitate con l’ultima legge di bilancio.

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