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I professionisti del nord hanno reso più forte la ‘ndrangheta

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Commissione antimafia

I professionisti del nord hanno reso più forte la ‘ndrangheta

La ‘ndrangheta è diventata più forte al nord grazie ai professionisti del nord.
Non è un gioco di parole ma è la durissima accusa lanciata dalla Commissione parlamentare antimafia nel paragrafo dedicato ai rapporti delle cosche con la società civile. L'immagine di una ‘ndrangheta povera e plebea – si legge nella relazione che sarà ufficialmente presentata il 21 febbraio dopo le ultime limature che non ne cambieranno la sostanza – ha offuscato l'individuazione di una presenza importante ed inquietante del mondo delle professioni. Tutte, senza alcuna particolare eccezione.

La dura critica contro il mondo delle professioni è stata valutata dalla commissione antimafia in ogni singolo aspetto tanto che nella relazione si legge che inquietante è anche il superamento della linea di confine tra cliente ed assistito (e in questo caso il riferimento chiarissimo è al mondo dell'avvocatura) e di conseguenza tra diritto inviolabile alla difesa e condotte che in vari procedimenti hanno determinato a carico dei professionisti contestazione di concorso in condotte associative o in altre fattispecie aggravate dal metodo mafioso.

Il mondo delle professioni è decisivo per assicurare radicamento ed espansione delle attività criminali, scrive ancora la commissione, che arriva al punto di scrivere che non è esagerato dire che non c'è professione che sia rimasta impermeabile alla penetrazione mafiosa e che vari professionisti hanno agevolato una presenza ‘ndranghetista al nord che sarebbe stata ben più difficoltosa e lenta senza queste agevolazioni.

E giù con lo slogan: un tempo erano gli ‘ndranghetisti ad avere bisogno dei professionisti ora il rapporto è completamente rovesciato e accade che siano i professionisti a cercare gli ‘ndranghetisti. Mutatis mutandis é quanto afferma il capo della procura di Catanzaro Nicola Gratteri quando dice che oramai sono i politici ad andare a bussare a casa degli ‘ndranghetisti.

Il dato allarmante riguarda il mondo delle professioni liberali, dei commercialisti, alcuni dei quali hanno anche esercitato la delicata funzione di amministrazione dei beni sequestrati e confiscati alle cosche ma non sono rimasti immuni né la magistratura né le forze dell'ordine. Altrettanto sorprendente è stato per la commissione scoprire quanti imprenditori si siano rivolti ai mafiosi chiedendo il loro intervento per avere liquidi per il recupero dei crediti o per ottenere in appalto determinati lavori. Insomma la ‘ndrangheta è vista come, di fatto, da decenni è: un'agenzia di servizio.

Non è un caso che subito dopo la Commissione parlamentare antimafia presieduta da Rosy Bindi affronti la natura dei rapporti tra ‘ndrangheta e massoneria e (riportando le considerazioni dei magistrati consulenti della commissione stessa) scrive che in diverse indagini emerge una connessione tra pezzi di ndrangheta, i capi della ‘ndrangheta, logge massoniche e altri pezzi della società civile. La massoneria – ipotizza la commissione riprendendo le ipotesi investigative – è una sorta di stanza di compensazione in cui anche fisicamente si possono realizzare interessi comuni, si possono incontrare persone diverse che magari non possono vedersi altrove e in tale contesto hanno l'occasione di riunirsi tutti coloro che sono accomunati da un legame particolare per coltivare determinati interessi.

Sul tema, la Commissione parlamentare antimafia si esprime anche nelle prime pagine della relazione quando scrive a chiare lettere che i mafiosi hanno l'esigenza di costruire relazioni e fare rete con attori esterni, per ottenere significativi spazi nei mercati, influenzando le dinamiche competitive in settori o territori.

Insomma, come è del resto visibile ad occhio nudo da anni, il ricorso alla violenza e all'intimidazione tende a smorzarsi per lasciare il passo alla costruzione di interessenze che coinvolgono imprese, pubblici funzionari, categorie professionali, politici ed altri attori.

I mafiosi non sono altro rispetto all'area grigia ma si collocano all'interno. L‘area grigia – come del resto lo stesso Gratteri sta ripetendo da anni – non è un' area esterna alla mafia ma è una zona in cui mafiosi si muovono stringendo alleanze e accordi di collusione con gli altri attori presenti, offrendo servizi di protezione intermediazione.

Così intesa, si legge nella relazione, l'area grigia non è prodotta da un'estensione dell'area illegale in quella legale quanto da una commistione tra le aree ovvero «dell'esistenza di confini mobili, opachi e porosi tra lecito ed illecito».

r.galullo@ilsole24ore.com

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