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Sfida innovazione per 4 imprese su 5

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Sfida innovazione per 4 imprese su 5

  • –Carmine Fotina

ROMA

La trasformazione innovativa 4.0, l’internazionalizzazione, la crescita dimensionale come leve per rimescolare le carte di un sistema ancora troppo frammentato, dove il 20% delle imprese si può definire realmente globale, il 60% potrebbe fare il salto di qualità se si attrezzasse ancora meglio, e il restante 20% è ancora ai margini nel tentativo di recuperare dalla doppia recessione. Riequilibrare queste percentuali è la sfida tra le sfide, sfondo delle decine di interventi di imprenditori che hanno animato i tavoli tematici, nella convinzione che il cambiamento che l’impresa è pronta ad abbracciare deve essere accompagnato e possibilmente accelerato dalle politiche.

Il documento di Verona annota che alla fine del 2017 oltre la metà delle imprese industriali ha usufruito del superammortamento per i beni strumentali e una su tre dell’iperammortamento per i beni “digitali”. Nel contempo è sempre più vivace il segmento delle startup (+11,3%). Ma questo sforzo di innovazione - si teorizza - va prolungato con una “fase 2” che contempli, tra le altre cose, un credito di imposta dedicato, l’accesso semplificato a una serie di agevolazioni per chi cambia il suo modello di business in chiave 4.0, un apprendistato riservato a giovani assunti da imprese impegnate nella conversione digitale.

A quel 20% di imprese che sono l’avanguardia del manifatturiero si deve anche buona parte dei nostri primati nel commercio estero e un incremento di qualità misurabile nella crescita dei valori medi unitari all’esportazione chiaramente superiore ai prezzi all’export. Il problema vero, però, è la quota di esportatori. Il 23% delle imprese manifatturiere, paragonato al 34% della Germania, è un valore oggettivamente basso che almeno va raddoppiato, secondo la tesi.

Il piano made in Italy finora ha dato buoni risultati, adesso va rafforzato: tra le idee c’è quella di una sorta di superammortamento per le spese relative alla partecipazione a fiere internazionali delle Pmi.

Nell’impegno preannunciato dagli industriali ha il suo spazio di rilievo anche la crescita dimensionale, ulteriore fattore per allargare quel plotone di testa del 20 per cento. Anche qui la responsabilità del cambiamento viene legata a un contesto di policy adeguato. Lo sviluppo della finanza d’impresa passa per l’incontro tra gli investitori istituzionali e le imprese non quotate, un utilizzo più mirato dei Piani individuali di risparmio, un perimetro più ampio del Fondo di garanzia, il supporto alle Reti di impresa ad esempio incentivando l’aggregazione della domanda di innovazione attraverso i “Digital innovation hub”. Ma la crescita dimensionale richiede anche misure che responsabilizzino l’impresa, come Codici di autodisciplina per rafforzare la governance delle Pmi e l’inserimento incentivato di “temporary manager” nel ruolo di chief financial officer nelle piccole aziende.

Da Verona, in sintesi, nelle tesi del documento programmatico e nei tanti interventi ai tavoli emerge la consapevolezza di un’impresa che potrà riorganizzarsi se accompagnata in questo processo. Opportune garanzie di rispetto della concorrenza per quanto riguarda il costo del lavoro, certificazioni internazionali per la responsabilità sociale sono alcuni esempi di come assecondare il cambiamento.

La sensazione è che innovazione 4.0, internazionalizzazione, crescita dimensionale ci diranno nei prossimi anni quanto il “dividendo” della ripresa, sul quale oggi si affaccia un 60% di imprese pronte al salto, si sarà veramente distribuito. Di qui le singole proposte sulle quali confrontarsi con la politica (si vedano le schede accanto).

Per una ripresa sempre più inclusiva – osservano gli industriali – giocheranno un ruolo chiave un fisco ricalibrato in ottica sempre più premiale a favore della produttività, una Pubblica amministrazione digitalizzata più veloce nelle decisioni e anche più responsabilizzata (a partire dal tema dei ritardi di pagamento), un investimento robusto nelle competenze (dal rafforzamento degli Istituti tecnici superiori a un rapporto più organico università-imprese), un quadro di interventi per promuovere un’economia nuova e moderna nel presentarsi “circolare” e sostenibile.

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