«Non ci sono più soldi. La campagna elettorale si è spostata su Internet. Un mondo è finito». A parlare è Carlo Cotticelli, tesoriere del Pd romano e memoria storica del partito nella capitale. Le sue parole spiegano quanto ogni cittadino romano può confermare andando in giro per la città: i manifesti dei partiti sono quasi spariti, tanto che gli spazi sulle plance messe a disposizione dal Comune per la campagna elettorale restano spesso vuoti. E questo nonostante a Roma si voti non solo per le politiche ma anche per le regionali, e si sia a poco meno di due settimane dalle elezioni.
Niente più manifesti e volantini
«Ricordo che per le campagne elettorali delle comunali – racconta Cotticelli – avevamo un budget che arrivava sui 200-250mila euro». Risorse che andavano quasi tutte in manifesti e volantini. «Stampavamo i volantini su “come si vota” – aggiunge – ma adesso queste attività non si fanno più. Poi c’era l’evento di chiusura della campagna, che, soprattutto per l’affitto del palco, veniva a costare 15-20mila euro. Per le politiche il discorso è diverso, visto che c’è anche l’impegno del partito a livello nazionale».
La cura dimagrante del Pd
Tutti i partiti, con il venir meno del finanziamento pubblico, stringono la cinghia. Nel Pd, in particolare, bisogna anche fare i conti con la riorganizzazione dopo lo scandalo di Mafia Capitale. Il partito locale è stato costretto a licenziare tutti i dipendenti rimasti (4 lavoratori). E sono sempre più lontani i tempi in cui, come disse lo stesso Cotticelli in una intervista a Radio Radicale, «il partito romano veniva a costare quasi 30mila euro al mese». C’è poi l’impatto della recessione che ancora non è stato riassorbito: «Difficile chiedere risorse supplementari agli iscritti», conclude il tesoriere del Pd romano.
FdI non rinuncia a comunicazione vecchio stampo
Nonostante i conti correnti prosciugati e la necessità di fare economia, ci sono comunque partiti che hanno deciso di non abbandonare la forma di comunicazione politica vecchi stampo. Tra questi, a Roma, particolarmente attivo è Fratelli d’Italia. «Visto che ci sono questi spazi a disposizione abbiamo deciso di usarli», spiega Marco Marsilio, tesoriere del partito e coordinatore per il Lazio. «Ma il fatto che siamo più presenti sulle plance rispetto ad altri partiti – precisa – non significa che siamo più ricchi. Semplicemente abbiamo diversificato la nostra campagna, utilizzando anche questo strumento tradizionale».
Budget per i manifesti a 5mila euro
Tra i candidati che hanno deciso di continuare a scommettere sui manifesti elettorali, a Roma c’è Davide Bordoni, capogruppo di Forza Italia in Campidoglio e candidato alla Camera dei Deputati. «Nel mio collegio Eur-Ardeatino l’età media è piuttosto alta. Per questo – spiega – ho preferito puntare su una campagna elettorale mista, che pur puntando sui video e sui social media, come Facebook, non trascura anche gli strumenti tradizionali come manifesti elettorali e la cartellonistica. La spesa è equamente divisa: 5mila euro per i social e altri 5mila per i manifesti».
L’eccezione M5S
Discorso a parte merita il partito di Beppe Grillo, che fin dalla sua apparizione ha fatto della comunicazione politica via Internet il suo centro, ritenendo superati gli strumenti tradizionali. Senza considerare la decisione di rinunciare, fin dalla fondazione, al finanziamento pubblico. Non sorprende quindi, anche in questa tornata elettorale, l’assenza dei manifesti dei candidati pentastellati e del simbolo M5S dalle strade di Roma.
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