E siamo a tredici. Con Salvatore Caiata - patron del Potenza Calcio indagato a Siena per riciclaggio e candidato con il M5S per la Camera nel collegio uninominale di Potenza-Lauria, ma senza il paracadute del listino proporzionale - sale il numero dei candidati “indesiderati” nelle liste pentastellate. Perché, dopo le rivelazioni di Corriere, Stampa e Messaggero sull’inchiesta, le valutazioni sono andate in una direzione obbligata. Nel pomeriggio è arrivato il verdetto per bocca di Luigi Di Maio: «Al di là delle sue eventuali responsabilità penali che sarà la magistratura ad accertare, per le nostre regole omettere un’informazione del genere giustifica l’esclusione dal MoVimento 5 Stelle». «Non siamo il Pd o Fi», si ragionava già stamane in casa Cinque Stelle. «Noi guardiamo all’addebito, non all’avviso di garanzia». Su Fb il M5S preannunciava: «Se accuse tanto gravi fossero confermate, non faremo sconti a nessuno».
L’addebito è pesante, per un Movimento che ha fatto dell’onestà e della trasparenza i suoi slogan elettorali. Il sospetto che Caiata abbia reimpiegato capitali nei locali turistici di Siena con Cataldo Staffieri, responsabile per Toscana e Umbria de La Cascina (la coop colpita nel 2015 da interdittiva antimafia e commissariata dall’allora prefetto di Roma Franco Gabrielli, per i suoi manager coinvolti nel secondo filone di “Mafia Capitale”) - traffici in cui sarebbe coinvolto anche l’imprenditore kazako Igor Bidilo, consigliere della multinazionale Usa Atek - è stato ritenuto troppo grave perché si potesse imboccare la strada del garantismo e sorvolare. Ma soprattutto i vertici non hanno gradito l’omissione di informazioni. Enrico De Martino, il legale di Caiata (che si è autosospeso ma si è detto convinto della sua «buona volontà, buona fede e innocenza»), ha chiarito infatti che il suo assistito aveva ricevuto a inizio 2017 una richiesta di proroga di indagini preliminari su un fascicolo aperto a metà 2016 per fatti relativi al trasferimento fraudolento di valori in materia di riciclaggio, ma che da allora mai nessuna convocazione era giunta.
Il nuovo regolamento M5S per la selezione dei candidati alle elezioni politiche non chiude la porta agli indagati ma soltanto ai condannati, pure solo in primo grado, «per qualsiasi reato commesso con dolo», e obbliga chi sia a conoscenza di indagini o procedimenti a suo carico di fornire il certificato ex articolo 335 Cpp. «Il “335” di Caiata era pulito», assicurano i pentastellati. Ma è il codice etico di iscritti e portavoce a far risultare impossibile la permanenza del patron del Potenza nelle file grilline. L’articolo 6 recita: «Il comportamento tenuto dal candidato o dal portavoce può essere considerato grave anche durante la fase di indagine, quando emergano elementi idonei ad accertare una condotta che, a prescindere dall’esito e dagli sviluppi del procedimento penale, appaia comunque lesiva dei valori, dei principi o dell’immagine del MoVimento 5 Stelle».
Eppure la “pesca” del nome di Caiata da quella società civile a cui il Movimento si è vantato di aver aperto era sembrata un colpo di fortuna. Nato nel capoluogo lucano il 29 luglio del 1970, diplomato all’Itc Leonardo da Vinci, Caiata era approdato a Siena per studiare scienze bancarie. Lì è cominciata la sua carriera imprenditoriale nel settore ricettivo e turistico, da amministratore delegato della società David Spa e da vicepresidente della Clean Service Srl. In poco tempo è diventato il “re” di bar e ristoranti senesi, compreso il famosissimo “Il Campo”. Ma ha anche cominciato a guardare allo sport: dopo aver tentato di comprare il Siena, la Colligiana e il Grosseto, l’anno scorso ha lasciato la Toscana. «Non voglio più lavorare a Siena», aveva detto. A luglio aveva già fatto rotta in Basilicata, dove ha acquistato il Potenza Calcio. Patron amatissimo, come sempre accade quando si fa risorgere una squadra dalle ceneri (il club è primo nel suo girone in serie D). Vasta la galassia di società a lui riconducibili, dalla ristorazione (Wilaf Srl) allo sport (Potenza Calcio Srl), passando per la compravendita immobiliare (Taica Srl) e il commercio al dettaglio (Toro Srl).
La passione politica è più antica della scintilla scoccata con i grillini: nel 2009 Caiata era stato nominato componente del Coordinamento provinciale del Popolo della libertà nella città del Palio. Non è chiaro come sia cominciata la sua marcia di avvicinamento ai Cinque Stelle. E non è un segreto che Caiata sia tra i nomi cui faceva riferimento Di Maio quando ha rivelato: « In questi giorni alcuni esponenti di altri partiti hanno chiamato i nostri candidati supplicandoli di non farlo perché altrimenti li costringeranno a fare brutta figura». La chiamata, dicono i pentastellati a taccuini chiusi, sarebbe partita dal Pd di Matteo Renzi, spaventato dalla popolarità del presidente del Potenza, incoronato «lucano dell’anno» dal Quotidiano del Sud.
Sono ormai numerosi i «super competenti» che dovevano essere il fiore all’occhiello del M5S in versione “governista” e che si sono rivelati un boomerang. Vale per il primo “caduto”, l’ammiraglio Veri, che però ha potuto essere sostituito prima della presentazione delle liste, così come per la schiera di persone cacciate dal Movimento per i trucchi sui rimborsi o per l’iscrizione alla massoneria, che restano candidate sotto il logo del M5S e che, se elette, ingrosseranno le fila del gruppo misto. I controlli preventivi hanno fatto acqua, nonostante oggi qualcuno ricordi come «dicerie» sugli affari senesi di Caiata circolassero da tempo. Resta da vedere se sarà eletto: a sfidarlo, nel suo collegio, ci sono Guido Viceconte per il Pd, Nicola Benedetto per il centrodestra e Roberto Speranza per Liberi e Uguali.
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