È stato interessante leggere le prime dichiarazioni di Antonio Tajani in cui ha confermato la sua candidatura a premier del centro-destra. «Sono italiano e ne sono fiero. Se la mia patria dovesse avere bisogno di me io sono disponibile», ha detto. Insomma, va a toccare il tasto più sensibile sia per Salvini che per la Meloni e cioè la patria e il «tricolore», l’essere «figlio di un militare» quasi a far digerire agli alleati gli altri suoi aspetti, quelli più scomodi. E che riguardano il suo ruolo in Europa, la sua collocazione nello stesso partito della Merkel. È come se fosse la sua primissima mediazione da neo-candidato che tenta di trovare una formula per tenere dentro tutte le contraddizioni della coalizione.
E questo potrebbe spiegare il perché di un’investitura “last minute”. Se fosse stata lanciata nel pieno della campagna elettorale, di certo, avrebbe reso più aspre le differenze. Per esempio, Tajani sarebbe stato molto in imbarazzo a guardare le foto della Meloni con il premier Orban. Per non parlare della competizione con Salvini per prendere i voti anti-Ue che avrebbe logorato il profilo di chi oggi presiede il Parlamento europeo e che – altra singolarità – non è candidato in queste elezioni e quindi non sarà “benedetto” dal consenso popolare.
È vero, Tajani è stato sempre in campo, il nome più citato da Berlusconi ma sempre in una contesa infinita con Salvini che durava ancora ieri. Eppure il leader di Forza Italia ha comunque deciso di chiudere una campagna così ambigua sui temi dell’Unione, proprio su Tajani che è «pienamente inserito nella realtà europea e proteggerà meglio i nostri interessi». Il segno che intende mantenere quegli impegni presi con la Merkel (la incontrò il 22 gennaio scorso) di tenere la coalizione dentro il perimetro dell’Ue. E sono segnali rassicuranti anche verso il Colle che, nell’esercizio dell’art. 92, guarderà con attenzione non solo la casella di Palazzo Chigi ma anche quella dell’Economia e degli Esteri proprio in funzione della nostra appartenenza all’Unione e all’area euro. La domanda è se una candidatura dell’ultimo minuto possa servire a Berlusconi per portare qualche consenso in più a Forza Italia scommettendo su un profilo molto simile a quello di Gentiloni. Di certo quella che sembra una prenotazione per Palazzo Chigi dovrà fare i conti con i rapporti di forza con Salvini il 5 marzo. Ammesso che il centro-destra vinca.
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