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Dagli appalti Consip, alle sentenze comprate: sequestrati 40 milioni di…

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L’inchiesta

Dagli appalti Consip, alle sentenze comprate: sequestrati 40 milioni di euro a Ezio Bigotti

Dall’indagine sugli appalti Consip a quella sulle sentenze di favore al Consiglio di Stato: la Procura di Roma ha sequestrato 40 milioni di euro all’imprenditore Ezio Bigotti, vero punto di raccordo dei due maxi procedimenti in corso di istruzione all’ufficio requirente capitolino. Un «sistema» di rapporti da Denis Verdini all’avvocato Piero Amara (il presunto grande manovratore di interessi illeciti nella giustizia amministrativa), fanno di Bigotti un personaggio trasversale, in grado di stringere presunti accordi «illeciti» per ottenere commesse milionarie o per avere sentenze favorevoli.

Il sequestro per la bancarotta fraudolenta della società Ge.Fi srl
Ma andiamo con ordine. Il procuratore aggiunto Paolo Ielo e il Gico della Guardia di Finanza di Roma, al comando del colonnello Gerardo Mastrodomenico, indagando sul sistema corruttivo nel Consiglio di Stato, hanno scoperto operazioni illecite di distrazione di capitale. Ben 40 milioni di euro sono fatti uscire dalla società Ge.Fi Fiduciaria Romana srl. Nei documenti risultano anche pagamenti verso la Exitone spa, società controllata al 100% dalla Sti, a sua volta amministrata da Bigotti. La Sti è la stessa finita nella medesima indagine per le presunte false fatturazioni verso le società controllate dall’avvocato Amara. La Sti, però, è anche nota per essere finita nell’inchiesta sul maxi appalto Consip da 2,7 miliardi di euro.

La fornitura dell’elettricità per i palazzi della Pa in Lombardia
Il legame Sti, Exitone e Amara lo ritroviamo in una vicenda sulla quale sta indagando la Procura di Roma: si tratta della sentenza del Consiglio di Stato che ha consentito alla Exitone di portare via alla Siram l’appalto Consip per la fornitura di energia elettrica destinata ai palazzi della Pubblica amministrazione della Lombardia. In questo capitolo potrebbe aver giocato un ruolo il giudice amministrativo Riccardo Virgilio, indagato dai pm di Roma per aver ottenuto da Amara una presunta tangente da 750 mila euro (denaro finito su un conto corrente svizzero). Stando ai documenti, infatti, sull’appalto ottenuto dalla Siram, Exitone fa ricorso al Tar. La decisione è favorevole a Siram, così come anche i pareri dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici e di Anac. Al Consiglio di Stato, però, tutto cambia: il giudice Riccardo Virgilio emette la sentenza 08679/2015, con cui stabilisce di togliere alla Siram l’appalto per la gestione «del servizio integrato energia per la Pubblica amministrazione in Lombardia».

Amara, Bigotti e il pranzo con Denis Verdini e Luigi Marroni
Il rapporto Bigotti-Amara lo ritroviamo anche in un ormai noto pranzo. Si tratta dell’incontro finito nella maxi inchiesta Consip, in cui i due pranzano assieme a Denis Verdini e l’allora amministratore delegato della Centrale acquisti della Pa, Luigi Marroni. Una vicenda che sarebbe da ricondurre alle presunte pressioni che avrebbe ricevuto Marroni dall’imprenditore di Scandicci Carlo Russo (intimo amico di Tiziano Renzi) per favorire la società Cofely spa, il cui referente italiano era proprio Bigotti. A raccontare particolari è lo stesso Marroni, in un verbale con i magistrati. Dice di aver subìto pressioni da Tiziano Renzi e dall’imprenditore Carlo Russo, affinché favorisse la società Cofely, sponsorizzata politicamente dal leader di Ala Denis Verdini. Nell’audizione, Marroni racconta che Russo «mi disse in concreto che tramite una società, di cui non ricordo il nome (Cofely, ndr) ma disse che era a lui riferibile, stava partecipando alla gara d’appalto indetta da Consip che riguardava il Facility management (valore 2,7 miliardi, ndr) e in modo esplicito mi chiese di attivarmi sulla commissione da me nominata al fine di aumentare il punteggio tecnico relativo all’offerta presentata dalla società da lui segnalata di modo da favorirlo; il Russo, per rafforzare la sua richiesta, mi disse in modo esplicito che questo affare non interessava solo lui ma dietro la società che lui stava rappresentando vi erano gli interessi di Denis Verdini, facendomi capire chiaramente che avrei dovuto impegnarmi nel senso da lui prospettato, ribadendomi che io ricoprivo questo incarico grazie alla nomina che mi era stata concessa dal presidente del Consiglio Matteo Renzi».

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