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Mattarella chiede «responsabilità» e nel Pd si apre una nuova…

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Mattarella chiede «responsabilità» e nel Pd si apre una nuova fase con il Colle

Al Quirinale ieri nemmeno volevano rispondere alla domanda se quel messaggio lanciato da Sergio Mattarella si rivolgesse al Pd riunito nella direzione del dopo-Renzi. E per evitare ogni equivoco, i più stretti collaboratori del capo dello Stato, hanno diffuso un comunicato nel quale si legge che in nessun modo le sue dichiarazioni sulla «responsabilità verso le comuni sorti dell’Italia» e sulla necessità «di costruire il futuro del Paese senza chiudersi nella propria dimensione personale, con egoismo» sono da legare all’attuale contesto. Un chiarimento forse necessario visto che invece il contesto qualche collegamento – sia pure improprio – lo offriva. Ed era appunto la riunione del Pd, la prima dopo la sconfitta e dopo le dimissioni del segretario che però lascia un’eredità piuttosto ingombrante sulla linea politica del partito: quella di un’opposizione a tutti i costi. Una rotta che non è perfettamente conciliabile con il richiamo del capo dello Stato di ieri - e di alcuni giorni fa - che invece invita tutti a uno sforzo di dialogo e di responsabilità, sia i vincitori che i perdenti. Anche perché, nell’ottica del Colle, non c’è un vincitore visto che nessuno ha i numeri per formare un Governo.

Ma tornando alla sede del Nazareno e alla direzione del Pd, uno dei passaggi su cui valeva la pena concentrare l’attenzione, era proprio l’atteggiamento verso il Quirinale. Nel senso che l’ultima fase renziana si era distinta per una certa freddezza verso il Colle, non solo per la critica a non aver sciolto le Camere un anno fa ma anche perché – fino a ieri – l’unico partito dal quale non era arrivato alcun segno di fiducia per le decisioni che assumerà Mattarella, è stato proprio il Pd. Un silenzio un po’ gelido se paragonato ai ripetuti attestati di stima arrivati da Berlusconi e Di Maio e perfino da Salvini.

Ieri invece, nella direzione post-Renzi si è alzato il sipario su una fase nuova. A parte i richiami e gli applausi di rito al capo dello Stato, quello che sembrava essere tornato era il tradizionale Dna del Pd che - prima di Renzi - non si era mai messo contro le istituzioni e soprattutto contro il Colle. A maggior ragione quando la prima carica dello Stato è espressione di una maggioranza di centro-sinistra.

Di questa svolta si trova traccia scritta nella relazione conclusiva in cui viene espressamente scritto che il Pd garantirà «al Presidente della Repubblica il proprio apporto nell’interesse generale». Una sostanza e un tono diversi, quindi, che condizioneranno anche le prossime tappe politiche e istituzionali e le future trattative che si apriranno. E tanto più chiaro è stato quando il segretario reggente Maurizio Martina ha rifiutato l’idea di un «Aventino» del partito, di chi - cioè - si mette fuori da un dialogo anche con il capo dello Stato. Insomma, se ieri la linea è stata confermata all’opposizione, di certo la volontà dei Dem di recuperare una sintonia con il Quirinale li mette in un percorso che non esclude future aperture a determinate condizioni. E visto che l’unica certezza al Colle è che non si torna alle urne prima di un anno, diventa importante trovare un Pd più collaborativo.

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