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Le giunte locali escludono lo strappo FI-Carroccio

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Il gioco delle alleanze

Le giunte locali escludono lo strappo FI-Carroccio

Il primo gioco, quello sulle presidenze, si è chiuso. Ora si apre la seconda fase, quella più complicata. Sul governo si riparte quasi da zero. Non è vero che l’esito del primo gioco condizioni necessariamente il secondo. L’accordo tra M5s e Berlusconi, mediato da Salvini, non può ripetersi. Nella partita sulla presidenza del Senato il Movimento di Di Maio ha dato prova di realismo. Avrebbe di certo preferito votare un candidato della Lega, ma alla fine - dopo il veto su Romani - ha mandato giù il rospo della elezione della Casellati per portare Fico alla presidenza della Camera. Tutto sommato è stato un rospo digeribile. Quello che invece per il Movimento non sarebbe affatto digeribile è un accordo sul governo con Berlusconi. Forse Di Maio e Salvini potrebbero anche trovare una formula per stare insieme, ma in un ménage a due, non a tre. Tra i tanti dubbi di questa fase convulsa della politica italiana, questa è una delle poche certezze. Tutto è possibile, meno un governo Di Maio-Salvini-Berlusconi. Né organico, né disorganico. M5s e Berlusconi sono antitetici. Il ménage à trois non funziona. La Terza Repubblica invocata da Di Maio non può nascere con un Berlusconi ancora in ballo. Il Cavaliere si deve fare da parte. Ma lui non ci sta.

Se questa premessa è corretta, la decisione sul governo è nelle mani di Salvini. Fin qui il leader della Lega è stato molto abile. Ma adesso arriva il difficile. Un governo M5s-Lega sulla carta si può fare. Hanno la maggioranza dei voti nel paese e la maggioranza dei seggi in entrambi i rami del Parlamento. Molti pensano che Salvini non accetterà di entrare in un esecutivo a guida Di Maio. La tesi è che non si addice al leader della Lega condividere il governo in una posizione subordinata. È vero. A Salvini conviene presentarsi alle trattative sul governo come l’azionista di riferimento di una coalizione che ha la maggioranza relativa sia alla Camera che al Senato. La Lega da sola ha circa la metà dei seggi del M5s. Perciò in questa fase Salvini può tirare la corda dentro la coalizione di centro-destra, come ha fatto sul caso Romani, ma non la può spezzare. Fuor di metafora, non può ancora fare a meno di Berlusconi. Così come Berlusconi non può fare a meno di lui. Quindi costretto per ora a stare con Berlusconi, non può stare con Di Maio. È la matematica della politica italiana. Questo vale a Roma. ma vale anche in giro per l’Italia nei governi locali. Questo è il vero intreccio. Prendiamo il caso della Lombardia dove si è appena votato e dove la coalizione di centro-destra ha stravinto. Un esempio tra i tanti.

Il nuovo presidente della regione lombarda, Attilio Fontana, è stato eletto recentemente come candidato della coalizione di centro-destra con il 49,7% dei voti, di cui il 29,6% possono essere attribuiti alla Lega e il 14,3% a Forza Italia. Fontana dispone in consiglio di una maggioranza di 49 seggi su 80. Di questi 30 sono della Lega e 14 di Forza Italia. Gli altri 5 appartengono a liste minori del centro-destra. Cosa succederebbe in Lombardia se la rottura della alleanza tra Lega e Forza Italia a livello nazionale si riverberasse sulla stabilità della giunta regionale lombarda e su quella di altri governi regionali e locali guidati dal centro-destra nel resto del paese? Dove la Lega troverebbe i voti per evitare di tornare alle urne nelle regioni e nelle città dove governa con Forza Italia? L’attuale sindrome nazionale si ripeterebbe anche a livello locale. Un eventuale accordo Di Maio-Salvini a Roma dovrebbe estendersi anche agli altri livelli. Non è una ipotesi plausibile in questa fase della politica italiana. Quindi, Berlusconi e Salvini continueranno a litigare ma non romperanno. Oggi non conviene a nessuno dei due. Domani, chissà. Per ora si cullano nella illusione che il M5s accetti un qualche accordo mascherato con Berlusconi o che sia possibile arrivare a fare un governo di centro-destra con i “nuovi responsabili”. Si vedrà a giugno quando si saranno esaurite tutte le ipotesi a disposizione e lo spettro di elezioni anticipate indebolirà le fedeltà di gruppo. Intanto aspettiamo Godot.

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