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Non solo Russia. Dalla Catalogna alla Corea del Nord, quando Salvini si…

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LE DIVERGENZE CON BRUXELLES

Non solo Russia. Dalla Catalogna alla Corea del Nord, quando Salvini si “smarca” dall’Europa

La Russia, con il dilemma sanzioni sì o sanzioni no scattate dopo la crisi in Ucraina, a cui si aggiunge la recente espulsione dei due diplomatici come ritorsione per l’affare Skripal, non è l’unico caso. La politica estera del leader della Lega Matteo Salvini si “smarca” da quella dell’Unione europea anche su due grandi temi: la Catalogna e la Corea del Nord.

Dopo l’arresto di Puigdemont: «Ue ha dimostrato il suo nulla»
Partiamo dalla prima. A poche ore dall’arresto di Puigdemont in Germania, la settimana scorsa, il segretario federale del Carroccio critica nettamente la posizione europea. «L’Unione europea ha dimostrato il suo nulla - sottolinea in una nota -. I problemi tra Madrid e Barcellona si risolvono dialogando, non con le manette».

Dopo le elezioni: «No ingerenze fuori luogo da parte di Bruxelles»
Questa è solo l’ultima di una serie di critiche che Salvini rivolge a Bruxelles per la sua politica di sostegno promossa dalla Ue nei confronti del governo di Mariano Rajoy. All’indomani delle elezioni del 21 dicembre, convocate dal primo ministro spagnolo dopo l’inizio della crisi tra governo catalano e stato spagnolo, il leader del Carroccio commenta: «Grande rispetto per il voto catalano. È la risposta democratica del popolo all’arroganza e alle manganellate del governo di Rajoy. Ora insieme agli auguri c’è l’auspicio che tra Barcellona e Madrid ci sia un dialogo pacifico e costruttivo e che da Bruxelles non ci siano ingerenze fuori luogo».

Dopo la violenze della polizia spagnola: «Ue democratica con 700 feriti»
In occasione del referendum del 1 ottobre, considerato illegale dal governo spagnolo, con conseguente pugno di ferro della Guardia Civil spagnola nei confronti della gente che tentava di entrare nei seggi elettorali per esprimere il proprio voto sul destino della Catalogna, il leader del Carroccio entra ancora una volta a gamba tesa su Bruxelles. «Mi dicono che sono estremista, populista, xenofobo e pericoloso e poi l’Europa bella e democratica del Partito Popolare manda la polizia a manganellare gli anziani a Barcellona - confida ai microfoni di radio Cusano campus -. C’è qualcosa che non funziona. La cosa più assurda e idiota da fare è reprimere un referendum nel sangue. Voglio vedere se qui a Strasburgo qualcuno avrà la dignità tra oggi e domani di chiedere scusa per delle scene che hanno fatto il giro del mondo e che mi hanno vergognare di far parte di questo parlamento europeo e di questa comunità violenta (già allora Salvini era europarlamentare, ndr). L’Unione europea dei belli, dei democratici, dei popolari, pronta a tirare le orecchie a tutti, ora tace davanti a 700 feriti. 700 feriti nemmeno nelle repressioni sovietiche li abbiamo mai visti. Il silenzio dei vertici europei su quanto fatto dal governo spagnolo è imbarazzante».

Sulla Corea del Nord: «l’embargo è idiota»
Se sulla gestione della crisi della Catalogna le distanze tra Salvini - che potrebbe essere azionista di maggioranza di un esecutivo con i Cinque Stelle - e Bruxelles sono considerevoli, quelle sulla Corea del Nord non sono da meno. A febbraio l’Unione europea ha aumentato le misure restrittive nei confronti della Repubblica popolare democratica di Corea completando il recepimento nel diritto comunitario delle misure imposte dall’ultima risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu (2397 del 2017). Salvini, anche in questo caso, la pensa diversamente. E da tempo. Settembre 2014. Il segretario federale del Carroccio è appena tornato da un viaggio a Pyongyang, dove ha trascorso cinque giorni. «C’è uno splendido senso di comunità - confida in un’intervista al Corriere della Sera -. Un Paese molto diverso dal nostro, un’opportunità gigantesca per i nostri imprenditori. Hanno bisogno di molte cose e l’embargo nei loro confronti è idiota. Pensi che ci avevano chiesto due navi da crociera e non gliele possiamo dare. È assurdo, non sono cannoni. L’embargo nei loro confronti andrebbe tolto, come alla Russia di Putin del resto».

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