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Israele: migranti estradati anche in Italia. La Farnesina: nessun…

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Passo indietro dopo la smentita italiana

Israele: migranti estradati anche in Italia. La Farnesina: nessun accordo

Una giornata di annunci ufficiali e smentite. Rettifiche e fraintendimenti. Un piccolo giallo, o forse un semplice pasticcio tra Israele, Italia e Onu.

Il governo israeliano di Benjamin Netanyahu avrebbe modificato il destino di 16.250 migranti africani: annullata la deportazione in Africa dello Stato ebraico e siglato accordo affinché Italia, Germania e Canada li accolgano. Così recita un comunicato del governo di Tel Aviv. Ma era un bluff o una gaffe.

L’Italia non ne sapeva nulla e la Germania neppure. Al Viminale il ministro Marco Minniti, in serata, ha smentito Netanyahu. La versione definitiva di una vicenda persino grottesca è questa: vi è un accordo, in effetti, ma è tra il governo di Tel Aviv e l’Unhcr (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati). L’Unhcr lancerà un appello mirato a individuare le adesioni di “Paesi volontari” ad accogliere i migranti. Ma nessun Paese è stato menzionato.

Insomma un ballon d’essai la cui ricostruzione è complessa. Israele ha annullato a sorpresa l’espulsione verso il Ruanda e l’Uganda di migliaia di migranti eritrei e sudanesi, che avrebbe dovuto iniziare già nei prossimi giorni ma che era stata temporaneamente bloccata dalla Corte Suprema. Nel frattempo, il governo ha annunciato di aver raggiunto con l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati «un’intesa senza precedenti» in base a cui i 16.250 migranti saranno estradati gradualmente verso Paesi occidentali. I primi 6mila nel primo anno. Lo stesso Netanyahu, illustrando l’accordo, ha precisato che i migranti si sarebbero “reinsediati” in particolare in Italia, Germania e Canada. In cambio dell’accordo, Israele promette di regolarizzare quelli che rimarranno nel loro territorio.

L’accordo di espulsione verso Italia, Germania e Canada avrebbe riguardato quei rifugiati che, al momento, non hanno una pratica di richiesta di asilo già attiva. Per la maggior parte raggruppati nei sobborghi di Tel Aviv, in un’area nota oggi come «Little Africa». Si tratta di persone espatriate tra il 2005 e il 2012, prima cioè che entrasse in funzione una nuova barriera sul confine con l’Egitto, nella penisola del Sinai.

La deportazione di migranti in Africa ha comunque spaccato la società israeliana: tra i contrari le decine di sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti e intellettuali del calibro di Amos Oz, David Grossman e Abraham Yehoshua. Alcuni piloti di El Al si sono rifiutati di trasportare rifugiati in Africa.

La smentita della Farnesina
In Italia tra i ministeri interessati, Interno e Farnesina, dopo la sorpresa iniziale è prevalsa la necessità di sottolineare subito come non ci sia allo stato alcun accordo con Israele. Non c’è mai stato ed è da vedersi se mai ci sarà, viste le condizioni di diffusa presenza di immigrati sul nostro territorio. Di conseguenza, l’ipotesi di assegnare al nostro Paese una quota dei migranti in uscita dallo stato israeliano è oggi del tutto priva di concretezza. Secondo fonti del ministero degli Esteri infatti «non c’è alcun accordo con l’Italia nell’ambito del patto bilaterale tra Israele e l’Unhcr per la ricollocazione, in cinque anni, dei migranti che vanno in Israele dall’Africa e che Israele si è impegnata a non respingere». Le intese raggiunte e annunciate, si sottolinea in Italia, vanno ricondotte in esclusiva all’accordo tra Netanyahu e l’Alto commissario Onu per i rifugiati. Sarà poi quest’ultimo, si ricorda al ministero dell’Interno, a lanciare una “call” internazionale per invitare gli Stati a farsi carico di accogliere i migranti eritrei e sudanesi in uscita da Israele secondo il programma definito. È un genere di procedura, del resto, collaudato da tempo. L’operazione dovrebbe essere del tipo “resettlement”, come si dice in gergo, cioè il trasferimento di rifugiati da un paese di asilo a un altro Stato che ha accettato di ammetterli.

L’Italia partecipò alcuni anni fa a un progetto del genere per trasferire dal Libano sul nostri territorio circa 1.500 rifugiati costretti a lasciare quel Paese. Ora, si sottolinea al dicastero dell’Interno, la modalità prevalente sviluppata riguarda i canali umanitari, come quelli attivati dalla Libia verso il nostro Paese. E la collaborazione tra il governo italiano e le agenzie dell’Onu Unhcr e Oim per la Libia è continua. Ma il ventilato e poi smentito annuncio di un invio di rifugiati da Israele in Italia non poteva non riscaldare gli animi politici. Proprio quando i numeri sugli sbarchi del dicastero guidato da Marco Minniti raccontano l’ennesimo calo record: 6.161 migranti giunti dall’inizio dell’anno, -81,3% rispetto all’anno scorso. Protesta il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli (Lega): «Ma ci siamo dimenticati che l’Italia ha già 600mila clandestini da espellere? Appena si insedierà il nuovo governo rimanderà a casa loro, rimpatriandoli, tutti i clandestini. Altro che accogliere quelli espulsi da Israele». Se dunque in linea teorica non si può escludere la partecipazione dell’Italia alla “call” di Unhcr sui migranti in uscita da Israele, saranno tempi e condizioni politiche nel nostro Paese a rendere più o meno difficile l’esito positivo di una prospettiva dai contorni ancora tutti da definire.

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