«In Europa, in Italia, la gente sempre di più apprezza i pezzi che hanno una certa storia. Riesce a percepire i valori estetici di ciò che è antico, un po’ come avevano fatto i romantici con le rovine. È tuttavia una sensibilità non comune a tutti e a tutti i mercati: a molti piace solo ciò che è nuovo e moderno». A parlare è David Lopez Quincoces, nato a Madrid nel 1980, di base a Milano, che ha fatto dell’accostamento tra riferimenti decò e contemporanei la cifra stilistica del suo lavoro di designer industriale, di progettista di interni e di curatore della milanese Six Gallery con Fanny Bauer Grung, sua partner nello studio Quincoces-Drago & Partners.
Da dove viene il legame con il vintage?
In realtà ha a che fare più con la ricerca che altro: nei miei lavori parto sempre dal passato, da ciò che è stato fatto prima di noi, dai maestri, estrapolando e incorporando aspetti che possano essere ancora attuali. Certo ogni progetto deve poi avere una coerenza in sé e con la produzione dell’azienda. Ma il punto di partenza è il dialogo tra vecchio e nuovo. Anche l’attività con la Six Gallery è in quest’ottica: non siamo galleristi veri e propri, bensì sempre alla ricerca di stili, linguaggi, autori. Di pezzi contemporanei e vintage che rappresentino una certa estetica, un sogno. La collezione serve a far vedere ai clienti quello che abbiamo in mente, ma è anche una passione. Quando ho trovato la PK 22 in midollino (disegnata da Poul Kjærholm nel 1958, ndr) l’ho tenuta a casa mia.
Come viene recepita questa tendenza a mescolare vecchio e nuovo?
Abbiamo avuto buoni riscontri di pubblico per il lavoro della galleria. E vedo anche da parte delle aziende una maggiore attenzione, soprattutto negli allestimenti, ai pezzi vissuti, a una narrazione più calda, più umana, dopo anni di estrema durezza e rigidità. Ciò non vuol dire riproporre prodotti storici, ma aumentare la ricerca e la complessità dei dettagli.
Al Salone del Mobile presenterà per Potocco la lounge chair Vigo, che reinterpreta i mobili da safari anni 20, e il divano Loom, con inserti in paglia di Vienna: qui l'ispirazione viene dagli anni 50?
Sì, per Loom il riferimento è quello: forme semplici, eleganti che però si inseriscono nella tendenza attuale di realizzare arredi sia per interni che per esterni, quindi non caratterizzati troppo da un’estetica outdoor. Ho dovuto studiare l’uso di legni resistenti quali mogano, teak o palissandro, spesso utilizzati in quegli anni. Dagli svedesi per esempio, o da Osvaldo Borsani, grande appassionato di palissandro.
Altri progetti al Salone?
Continua la collaborazione con Salvatori (marchio di marmi, ndr); c’è l’allargamento della famiglia Era per Living Divani; il tavolo Alamo e la poltroncina Alton per Lema. Anche qui, spesso l’ispirazione viene dal passato, ma la sfida è sempre fare qualcosa di nuovo, evolvere. Nel tavolo, per esempio, la struttura ha un disegno moderno, minimale su cui si inserisce il piano in stratificato di alluminio con una finitura molto materica, studiata con l’azienda: è un composto di resina, polvere di marmo pigmentata e scaglie di metalli come ottone o bronzo. Alla Six Gallery proponiamo poi una collezione autoprodotta: tavolini, tavoli, lampade, poltrone. Una lampada a sospensione è composta da sei dischi di ottone scavati al pieno e vetri stampati: sono pezzi speciali che per tempi di lavorazione e costi non sono allineati al mercato industriale.
Come è cambiato il mondo del design negli ultimi anni?
I tempi delle produzioni si sono accorciati e si avvicinano sempre di più ai ritmi della moda, anche se per il design la cadenza è rimasta annuale. La quantità di progetti presentati al Salone è aumentata negli anni. Per fortuna si sono anche allargati i mercati, con Asia e Medioriente che hanno aperto un nuovo spazio. Ora i valori estetici delle collezioni devono anche essere intelligenti, per soddisfare europei, americani, asiatici.
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