Se la nuova frontiera della distribuzione – per l’arredo come per gli altri beni di largo consumo – si chiama omnicanalità, tanto più questo approccio è valido quando le aziende si trovano ad affrontare i mercati esteri. La “vecchia” contrapposizione tra canali di vendita fisici e online è ormai superata, a favore di una strategia distributiva integrata, che comprenda tutte e tre le formule (contract compreso) e le renda funzionali una alle altre.
Una strategia utile soprattutto per le aziende che vogliano affrontare mercati lontani, dove alle difficoltà logistiche si aggiungono quelle di sistemi e tradizioni commerciali differenti. La Cina e gli Stati Uniti innanzitutto che, come dimostrano i dati di FederlegnoArredo per il settore arredamento, nel 2017 hanno confermato ancora una volta la loro dinamicità e rilevanza per i prodotti dell’arredo-design made in Italy. La Cina, in particolare, ha chiuso l’ennesimo anno record, con acquisti di mobili dall’Italia per quasi 440 milioni di euro, +38,1% rispetto al 2016, portandosi così al quinto posto nella classifica dei principali mercati di sbocco per il comparto mobili.
Classifica che l’anno scorso ha visto un altro cambiamento importante, ovvero lo “storico” sorpasso degli Stati Uniti sulla Germania, da sempre tra i principali partner commerciali dell’Italia assieme alla Francia, che resta invece al primo posto con una crescita del 4,9%. Nonostante dunque le incertezze legate ai venti protezionistici portati dall’amministrazione Trump, gli Usa continuano a rappresentare un mercato fondamentale per il design made in Italy, con quasi 950 milioni di euro di mobili importati l’anno scorso dall’Italia (+4,1%).
«La forte instabilità politica a livello internazionale certo non fa bene agli scambi commerciali – osserva il presidente di Assarredo, Claudio Feltrin –. Eppure, l’anno scorso le esportazioni sono tornate a crescere e anche per quest’anno il sentiment delle aziende è positivo». Le vendite di mobili italiani all’estero (esclusi bagni, illuminazione e ufficio) nel 2017 hanno raggiunto un valore di 9,1 miliardi di euro: +3,3% rispetto al 2016, quando l’incremento rispetto all’anno precedente era stato inferiore. A trainare la crescita, come detto, sono stati soprattutto Cina e Stati Uniti, due mercati in cui la diffusione del canale ecommerce è superiore alla media europea e di questo le aziende italiane dovranno tenere conto sempre di più.
Secondo gli ultimi dati diffusi dall’Osservatorio Export del Politecnico di Milano, le vendite all’estero di mobili acquistati via web nel 2017 hanno raggiunto i 644 milioni di euro, ovvero il 7% dell’export digitale di prodotti italiani e il 6,4% delle esportazioni complessive di mobili. I margini di crescita sono dunque ampi, ma le imprese non devono illudersi che esportare via web sia una scorciatoia per affrontare i mercati esteri risparmiando sugli investimenti, mette in guardia Rodrigo Cipriani Foresio, managing director per il Sud Europa di Alibaba e responsabile delle piattaforme di Tmall.
Fondato nel 1999 da Jack ma, Alibaba è oggi è il più grande marketplace internazionale di ecommerce (547 miliardi di dollari di fatturato nel 2017). Il gruppo, attraverso le piattaforme B2C Tmall e Tmall Global, si propone come supporto alle strategie delle aziende italiane che esportano in Cina. Ma, precisa il manager, è uno strumento «integrativo e complementare: non può essere l’unico». L’ideale è che le società abbiano una propria presenza in Cina, con uffici o magazzini di stoccaggio. «La nostra strategia, il “New Retail”, prevede una stretta collaborazione tra ecommerce e retail fisico – spiega Cipriani Foresio –. Per questo stiamo lavorando alla digitalizzazione dei punti vendita presenti in Cina. Alle aziende italiane che vanno su questo mercato offriamo perciò strumenti sia online sia offline per affrontare questa sfida».
Dello stesso avviso Claudio Feltrin: «Sappiamo da un pezzo che la vera crescita per le nostre aziende arriverà dall’Asia e in particolare dalla Cina – spiega –. Si tratta tuttavia di mercati difficili, che devono essere affrontati in maniera non opportunistica ma strategica, prevedendo investimenti a lungo termine e un’organizzazione di supporto in loco, oltre a una integrazione tra i sistemi fisici e online di vendita». Bisogna insomma imparare a “saltare” da un canale all’altro – senza escludere i social media – e questo vale non soltanto per la Cina, ma anche per gli altri mercati, quelli emergenti in particolare, dove gli acquisti via web (e soprattutto via smartphone) sono più diffusi. Occorre però essere attrezzati, per garantire tempi rapidi di consegna e servizi efficaci e sostenibili di resi e di assistenza.
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