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Dossier | N. (none) articoliFacebook e il datagate

Dopo Facebook, i bitcoin: ecco il progetto segreto di Cambridge Analytica

Non solo dati, ma anche monete. Criptomonete, per la precisione. La strada di Cambridge Analytica, società finita al centro della cronaca internazionale per aver utilizzato le informazioni di 87 milioni di utenti Facebook a scopo elettorale, era già tracciata. Già, era. Perché dopo il datagate scoppiato il 18 marzo scorso, negli uffici londinesi situati al civico 55 di New Oxford Street, sono cambiate molte cose. A partire dal Ceo, Alexander Tayler, rimosso dalla carica qualche giorno fa, dopo che lo stesso aveva sostituito Alexander Nix, allontanato a sua volta nelle scorse settimane.

Prima che lo scandalo Facebook la travolgesse, però, i piani di quella società erano molto ambiziosi. E quello più concreto, come racconta il New York Times, era legato al mondo delle valute virtuali.

Cambridge Analytica aveva pianificato di sviluppare una propria criptomoneta, ed era ormai vicina a lanciare una Ico con l'intento di raccogliere 30 milioni di dollari. La volontà del management era quella di espandersi, di farsi largo in questa nuova, rischiosa e ambiziosa avventura tecnologica. E per farlo, a quanto pare, aveva deciso di navigare anche in acque sporche, come testimoniano gli sforzi compiuti per promuovere Dragon Coin, criptovaluta secondo alcune fonti vicina a un famoso gangster di Macao, soprannominato Broken Tooth, e utilizzata nel mondo dei casinò della regione cinese.

Secondo Brittany Kaiser, ex dipendente di Cambridge Analytica, la moneta digitale della società che ha lavorato alla campagna elettorale di Trump avrebbe dovuto aiutare le persone a memorizzare e vendere i propri dati personali online. L'obiettivo era quello di proteggere tali dati da eventuali violazioni, come quella che la stessa azienda ha commesso quando ha ottenuto le informazioni personali di 87 milioni di utenti Facebook.

A conferma di ciò, l'agenzia Reuters ha raccolto le parole di un portavoce della società londinese: «Prima della polemica di Facebook, stavamo sviluppando una suite di tecnologie per aiutare le persone a reclamare i loro dati personali da entità aziendali e ad avere piena trasparenza e controllo su come vengono utilizzati i loro dati personali. Stavamo esplorando molteplici opzioni per consentire alle persone di gestire e monetizzare i propri dati personali, inclusa la tecnologia blockchain».

Va detto che per arrivare preparati a una Ico, quelli di Cambridge Analytica lo scorso anno si erano rivolti a una società di consulenza che si occupa proprio di come strutturare una offerta iniziale di moneta. E forse l'obiettivo dietro allo sviluppo di una propria criptomoneta era duplice: da una parte la raccolta di denaro, dall'altra la possibilità – ancora una volta – di entrare in possesso di dati riutilizzabili a scopo elettorale. Secondo una fonte citata dal New York Times, infatti, la società londinese voleva sfruttare il suo gettone digitale per offrire una sorta di ricompensa agli utenti messicani che avrebbero compilato alcuni sondaggi. La raccolta di quei dati sarebbe servita per fornire consulenza ai politici del Messico.

Un progetto importante, insomma, per il quale il diagramma di Gantt era già stato tracciato. Un progetto che mescola, a buoni dosaggi, dati personali e criptovalute, i nuovi metalli preziosi del mondo digitale.

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