La decisione assunta da Angela Merkel e da Emmanuel Macron, nel corso del loro recente vertice di Berlino, di temporeggiare rimandando a giugno il momento di verificare se e come sia possibile venire a capo delle loro divergenze in materia di riforme dell’Eurozona, potrebbe dar modo all’Italia di rientrare in pista e di poter quindi far sentire la propria voce sui dossier nell’agenda del Consiglio europeo previsto per quella data. Senonché, dopo il verdetto di primo grado sulla trattativa Stato-mafia e lo strappo tra Salvini e Berlusconi, e in attesa di un terzo giro di consultazioni sull’ipotesi di un accordo fra il M5S e il Pd, è improbabile che si giunga al piu presto all’avvento di un nuovo governo. E, anche se fosse possibile sciogliere in tal senso il bandolo della matassa, per il varo governo «nella pienezza dei suoi poteri» (come richiesto da Mattarella), non è detto che in tema di politica estera si riesca a stabilire una chiara ed effettiva convergenza di posizioni, una sorta di “quadratura del cerchio”.
Tanti sono, distanti o comunque diversi, nelle loro matrici e nei loro contenuti, gli orientamenti dei grillini e del Pd nei riguardi delle relazioni con Bruxelles nonché dei rapporti con gli Stati Uniti di Trump e la Russia di Putin. In ogni caso, è del tutto evidente, qualora si continuasse a girare a vuoto, dopo un mese e mezzo dall’esito delle elezioni del 4 marzo, che verrebbe compromessa qualsiasi reale possibilità di svolgere un ruolo appropriato ed efficace in sede comunitaria e tantomeno di attuare un’opera di mediazione dinanzi all’acuirsi delle tensioni internazionali.
Di fatto ci si è cullati nell’illusione di poterci permettere il lusso di tirare le cose per le lunghe, al pari di quanto è avvenuto in Germania per la ricostituzione di una Grosse Koalition: come se le nostre condizioni strutturali e le nostre quotazioni politiche a livello internazionale fossero analoghe a quelle tedesche.
Intanto ci troviamo a dover far fronte, del tutto impreparati e senza adeguate coperture finanziarie, a un complesso di scadenze cruciali e ineludibili imposte dai vincoli del Patto di stabilità e da una probabile manovra correttiva di bilancio, dal rallentamento della crescita del settore industriale sopraggiunto negli ultimi mesi, dalla progressiva eclisse del Quantitative easing e quindi di un regime di bassi tassi d’interesse che hanno finora dato fiato alla nostra economia, dalla minaccia di un’estensione di guerre commerciali e di tendenze protezionistiche, nonché dalla prospettiva incombente di una consistente lievitazione dei prezzi delle risorse energetiche. A non contare le conseguenze derivabili dalle concrete modalità che verranno adottate a proposito dal Fondo europeo di garanzia dei depositi bancari dei risparmiatori.
Per un Paese come il nostro, gravato (come sappiamo) da un ingente debito pubblico non ancora del tutto in via di stabilizzazione, e con un sistema produttivo imperniato prevalentemente sulle capacità competitive del made in Italy nei circuiti internazionali, è dunque una situazione densa di gravi incognite quella in cui ci si trova ad agire. Tanto più che, mentre nel Sud dell’Europa è migliorato nel frattempo il rating del Portogallo e il potere d’acquisto degli spagnoli ha superato quello degli italiani, il saggio di sviluppo del nostro Pil, seppur previsto per quest’anno intorno all’1,5%, continua a essere inferiore alla media europea.
È pertanto essenziale un forte impegno collettivo, insieme un vigoroso spirito di solidarietà e coesione sociale, per poter neutralizzare il pericolo di una deriva sotto l’urto dei mercati, dopo una fase di relativa quanto apparente tregua, e nell’evenienza di forti shock esterni. È indispensabile e urgente che s’imponga sul terreno politico e presso l’opinione pubblica un’effettiva consapevolezza della nostra vulnerabilità in un tornante così impervio su più versanti, e l’esigenza di porre fine sia a stucchevoli tatticismi che a pregiudiziali veti incrociati, per un’assunzione doverosa di responsabilità. Sia per corrispondere all’interesse superiore del Paese sia per non seguitare a dare uno spettacolo indecoroso quanto avvilente agli occhi dei nostri partner europe
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