Oggi pomeriggio il presidente della Camera tornerà da Sergio Mattarella per riferire dei suoi due giorni di esplorazione in casa Pd e 5 Stelle. Dal Quirinale non c’è al momento alcuna decisione, come è naturale si attendono i risultati del mandato per trarre delle conclusioni che tra l’altro dovranno maturare ancora nella mattinata. E in effetti Roberto Fico ha fatto sapere che farà ancora un nuovo giro di consultazioni con gli esponenti del suo partito e con i Dem prima di salire al Colle ma dai rumors di ieri si andrebbe verso la richiesta di una proroga dei tempi. Se anche negli incontri di oggi arrivasse la conferma che ci sono aperture sulla trattativa programmatica e che il Pd ha bisogno di compiere un passaggio in direzione, allora è verosimile che Fico chieda al capo dello Stato una proroga. Un’attesa ulteriore di un paio di giorni, fino a mercoledì della prossima settimana, per capire se il tavolo negoziale può decollare.
Certo è che Mattarella avrà bisogno di fatti nuovi e pure concreti per concedere una proroga dell’esplorazione e se ci saranno non potrà ignorarli. A differenza del mandato della presidente Casellati che la scorsa settimana ha confermato gli ostacoli tra centro-destra e 5 Stelle – il “no” a Berlusconi e il nodo della premiership a Di Maio – oggi Fico dovrebbe invece portare qualche spiraglio che si è aperto dalla parte del Pd e pure del Movimento. Dovrà, per esempio, confermare se è davvero archiviata la trattativa tra Salvini e Di Maio – ieri però c’erano nuovamente voci di una prossima rottura tra il leader leghista e Berlusconi – e se nel Pd ci sono aperture su cui però si dovrà esprimere la direzione della prossima settimana. Con questo quadro, gli elementi nuovi sarebbero quindi due, di fronte ai quali il capo dello Stato potrebbe pazientare ancora prima di scartare anche questa opzione politica dopo quella tra destra e Movimento. Certo è che la proroga dell’esplorazione lascerebbe a Fico il compito di riportare i risultati anche della resa dei conti nel Pd – sempre che non si trovi un’intesa unitaria che ieri non veniva esclusa – e terrebbe il capo dello Stato in una posizione esterna.
Quello che ormai si respira al Colle, è che in caso di fallimento di questo tentativo, la legislatura potrebbe avere un finale brusco e drammatico. Sembrano, infatti, del tutto chiusi gli spazi per Governi istituzionali o del “presidente” visto che Salvini li ha bocciati e che Di Maio non avrebbe interesse ad avere la Lega all’opposizione. Ci sarebbe forse solo un Governo ponte per portare il Paese alle urne nel più breve tempo possibile, magari già a settembre, con un esito che sarebbe ancora più drammatico per i due “perdenti” : Pd e Forza Italia.
Ma ieri era la giornata delle celebrazioni del 25 aprile e il capo dello Stato ha voluto essere a Casoli, nelle zone in cui combatté la brigata Maiella. «La restaurazione della vita democratica, dopo il cupo ventennio fascista, ha le sue radici nella Resistenza, iniziata qui, in Abruzzo. Non era, quella fascista, la Patria che aveva meritato il sacrificio eroico di tanti soldati italiani. La Patria, che rinasceva dalle ceneri della guerra, si ricollegava al Risorgimento e non fu per caso che gli uomini della Brigata Maiella scelsero per se stessi la denominazione di patrioti, di chi morì in nome dell’Unità d’Italia». Nel teatro comunale di Casoli e tra la moltissima gente arrivata a salutarlo, ha ricordato quei «monti impervi» dove nacquero «i sentieri della libertà». E ha ricordato Ciampi. «Pastori, cacciatori, guide locali accompagnavano generosamente soldati alleati e italiani, ebrei e perseguitati al di là della Linea Gustav, mettendoli in salvo. Tra questi ci fu Carlo Azeglio Ciampi, in fuga con un suo amico ebreo, Beniamino Sadùn».
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